kamishibai
Il kamishibai,
o teatro d'immagini, è una forma espressiva tradizionale giapponese di
narrazione per immagini che ha avuto origine nei Templi Buddhisti nel Giappone del XII Secolo,
dove i monaci, utilizzavano gli Emakimono per narrare ad un pubblico,
principalmente analfabeta, delle storie dotate di insegnamenti morali.
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Antico Emakimono |
Il
termine kamishibai deriva
dall'unione delle parole “kami“ (carta) e “shibai“ (teatro, drammatizzazione) e si può tradurre come
“teatro di carta“. Consiste in un Butai (teatrino in legno) di misure ridotte all'interno del
quale un kamishibaiya (narratore) fa scorrere delle immagini disegnate che illustrano una
storia in sequenza.
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Butai in legno |
Il kamishibai si diffuse come teatro di strada tra gli anni
'30 e gli anni '50 del secolo scorso, ed ebbe un'enorme popolarità, radicandosi
fortemente nel tessuto sociale giapponese.
Superò di gran lunga – in termini di pubblico – altre forme di intrattenimento
come il cinema o il teatro.
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Kamishibaya con il suo Butai
montato su di una bicicletta |
Con il Butai montato sulle biciclette, i Kamishibaiya si
spostavano di villaggio in villaggio o tra i vari quartieri delle città e si
annunciavano usando uno strumento formato da due battenti in legno, Hyoshigi,
al cui suono familiare bambini e ragazzi accorrevano numerosi.
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Hyoshigi |
Prima dello spettacolo il Kamishibaiya
vendeva caramelle e altre leccornie, e da questo traeva il suo sostentamento.
Questa attività permise di avere un reddito ad un gran numero di persone,
soprattutto nei difficili tempi della grande depressione. Bisogna considerare
che oltre al narratore, vi erano coinvolte molte altre persone, dal Kashimoto -
una sorta di impresario che si occupava del noleggio delle biciclette e di far
circolare le storie per rinnovare il repertorio dei vari Kamishibaiya - ai numerosi disegnatori che dovevano produrre
numerose immagini per alimentare la grande richiesta di storie.
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Benshi |
Si stima che, nel periodo di maggior diffusione, nella sola Tokyo
operassero circa tremila Kamishibaiya,
tra i quali figuravano diversi Benshi, i
narratori del cinema muto che si ritrovarono senza lavoro con il
sopraggiungere del sonoro.
La formula adottata dai Kamishibaiya
era quella di terminare lo spettacolo senza però concludere la storia narrata,
rimandandone la fine ai successivi episodi. Questo gli avrebbe garantito una
nuova affluenza di pubblico curioso di sapere come sarebbero proseguiti gli
eventi.
Normalmente la proposta prevede uno spettacolo di circa 50 minuti, con musica
di sottofondo, che contempla la narrazione di tre diverse storie, adatte ai
bambini a partire dai 5 anni di età. Una storia poteva essere composta anche da
trenta episodi, ed in media ogni episodio si componeva di sedici disegni.
Le storie narrate, sono fiabe che hanno dei punti in comune con quelle
della tradizione europea, ma allo stesso tempo se ne differenziano per alcuni
elementi specifici. Spesso hanno una struttura circolare a cui sembrerebbe
mancare un finale, che peraltro non contiene il classico “happy end”, e molte
volte non sciolgono neppure gli enigmi incontrati nel corso della storia.
Esprimono un concetto di “vuoto” che caratterizza molti aspetti della cultura e
dell'arte giapponese.
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Momotaro |
Le fiabe
di Momotaro e Issun-bōshi sono tra le più popolari in Giappone, al pari delle
nostre Cenerentola o Cappuccetto Rosso. Simili nella struttura, simboleggiano
il passaggio all'età adulta attraverso i riti di iniziazione. Un tema
ricorrente, inoltre, è quello della separazione che, a differenza delle fiabe
europee, qui si colloca nel finale. In Kaguya Hime, la bimba trovata nel
tronco di bambù
dal tagliabambù, si separerà dalla coppia che l'ha allevata per
tornare
sulla
luna, da dove proveniva.
Le immagini dovevano essere concepite e realizzate considerando le
peculiarità del Kamishibai: lo
scorrimento delle immagini da sinistra a destra, e quindi valutando gli effetti
che si volevano creare, come ad esempio far scorrere molto lentamente un'
immagine svelando parzialmente quella successiva, gestendo abilmente i momenti
di suspence.
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Kamishibaya al lavoro |
Inoltre le immagini dovevano essere chiare e leggibili anche da lontano, il che
determinava che dovessero essere sintetiche e prive di inutili dettagli. Sul
retro solitamente era scritto il testo della storia anche se molti Kamishibaiya procedevano a memoria.
Le storie non erano indirizzate esclusivamente all'infanzia, ma erano per un
pubblico di tutte le età.
I generi spaziavano dal comico al drammatico.
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Tameharu Nagata
uno dei più vecchi
Kamishibaya viventi |
Spesso i protagonisti erano
giovani eroi che dovevano misurarsi con una serie di prove o affrontare
spaventosi alieni che si muovevano alla conquista del mondo.
Nel Kamishibai apparvero i primi
personaggi in costume e con identità segrete, prototipi dei moderni supereroi.
In assoluto il più popolare fu Fantaman (Ogon
Bat), che sopravvisse al declino del Kamishibai
trasmigando nei Manga (fumetti
giapponesi) e successivamente alle Anime (abbreviazione
di animēshon
traslitterazione giapponese della parola Inglese “animazione”).
Il Giappone ha una lunga tradizione di narrazioni per immagini, dagli
antichi Emakimono ai moderni Manga, dei quali il Kamishibai si può considerare un antesignano. Scrive infatti nel
suo libro “Manga Kamishibai” Eric P.
Nash: “Se la maggior parte della cultura pop giapponese […] ha
origine dai Manga, il Manga ha le sue radici nel Kamishibai”.
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l'autore Sanpei Shirato |
Oltretutto vi
è un collegamento diretto, considerando che con il declino del Kamishibai diversi Kamishibaiya si dedicarono ai Manga
divenendone in breve autori di prestigio, come Sanpei Shirato (autore di Manga quali Kamui e Sanpei Shirato per
esempio) e Shigeru Mizuki (autore di
Manga quali Showa e Kitaro per esempio).
La parabola del Kamishibai si
concluse in coincidenza dell'avvento della televisione, chiamata inizialmente Denki
Kamishibai (kamishibai elettrico), il che ci indica quanto il Kamishibai abbia rappresentato un
importante fenomeno culturale all'interno della società giapponese.
In Italia abbiamo un degno rappresentante del teatro d'immagini giapponesi, il suo nome è Pino Zema, il quale gira per il paese con il suo Kamishibai contribuendo alla scoperta e diffusione di quest'arte antica.
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Il Kamishibaya italiano Pino Zema e il suo Butai |