Tsuru
La fiaba della Gru
Mukashi, Mukashi... Tanto tempo fa, c’era una volta un’anziana coppia che viveva serenamente in una capanna in mezzo ai boschi; la vita dei due scorreva placida, anche se a volte la solitudine si faceva sentire, dato che non avevano figli.
Un giorno, mentre il marito stava raccogliendo legna per il fuoco, sentì un disperato lamento provenire dalla palude vicino al luogo in cui si trovava. Incuriosito, il vecchio si diresse in quella direzione, dove vide una stupenda gru bianca con una zampa bloccata nella trappola di un cacciatore.
Il buon uomo non esitò un attimo, ed entrando nella fredda fanghiglia, raggiunse la povera bestia e la liberò; questa si alzò in volo verso il cielo che già preannunciava la neve, volteggiò un po’ sopra il suo salvatore emettendo grida di gratitudine, e poi se n’andò.
Quella sera, davanti al focolare, l’uomo raccontò a sua moglie quanto gli era accaduto quel giorno e, mentre stavano ormai per accingersi ad andare a dormire, qualcuno bussò alla porta. Il vecchio andò ad aprire chiedendosi chi mai poteva trovarsi di notte in mezzo al bosco e sotto la neve, e la risposta fu sorprendente: si trovò infatti davanti una ragazzina dai modi gentili che chiedeva ospitalità per la notte, in quanto si era persa.
La moglie si affrettò a farla entrare al caldo per asciugarsi e mangiare qualcosa, e preoccupata le chiese cosa mai ci facesse una ragazzina in mezzo al bosco tutta sola. Lei dichiarò di essere in viaggio senza una meta, e il vecchio pensò fra sé e sé che doveva esserle capitata qualche sciagura; così, senza indagare troppo per non essere scortesi, gli anziani coniugi chiesero alla ragazza di restare per far loro compagnia. Lei accettò con entusiasmo, ringraziò, e tutti andarono a dormire sereni.
Il giorno dopo, prima del sorgere del sole, la ragazzina si alzò e si diresse in cucina per preparare la colazione ai suoi ospiti, ma trovò la dispensa completamente vuota. L’unica cosa a portata di mano era una cesta piena di spole di filo; lei le prese e si chiuse nella stanza da lavoro vicino alla cucina.
Quando i due vecchietti si svegliarono sentirono provenire da quella direzione un rumore di telaio in azione; non vedendo la loro ospite nel suo letto si chiesero cosa stesse facendo, e la risposta non si fece attendere: la ragazza uscì dalla stanza con un rotolo di broccato dai colori bellissimi e rappresentante una gru nell’atto di spiccare il volo.
I due rimasero stupiti, e ringraziarono più volte la giovane quando questa lo regalò loro perché lo vendessero, in modo da guadagnare un po’ di denaro per acquistare viveri per l’inverno.
Il giorno stesso l’uomo si recò in paese e vendette il tessuto per un ottimo prezzo; con il ricavato, poi, acquistò vivande per tutti e tre e un bel pettine per la ragazza. Quella sera la capanna dei due anziani coniugi irradiava allegria, e quando fu ora di andare a dormire, la ragazza dichiarò che sarebbe rimasta sveglia per tessere qualche abito.
I due si opposero, dicendo che era assolutamente necessario che lei si riposasse, ma la giovane insistette, ponendo in più una condizione: nessuno avrebbe dovuto andare a guardarla mentre lavorava. Un po’ sconcertati, i vecchi accettarono la condizione e andarono a dormire.
Da quella volta, ogni mattina la ragazza ebbe pronto un rotolo di broccato che il vecchio vendeva in paese, ottenendo il denaro necessario a comprare le scorte per l’inverno.
La cosa continuò per settimane, e più passava il tempo, più la ragazza sembrava indebolirsi, diventare pallida e dimagrire. Era come se fosse costantemente sul punto di svenire e, quando una sera si rifiutò di toccare cibo, i vecchi protestarono ed esortarono la ragazza a riposarsi di più. Per tutta risposta, lei chiese che le fosse permesso di preparare un ultimo rotolo di broccato, e si diresse nella sua stanza di lavoro barcollando e chiudendosi la porta alle spalle.
Quella notte gli anziani coniugi erano talmente preoccupati per la giovane da non riuscire a dormire, così il marito decise di andare a vedere come stava la ragazza. Inutilmente la moglie cercò di ricordargli la promessa fatta, ma lui non volle sentire ragioni, e silenziosamente sbirciò attraverso uno spiraglio della porta della stanza di lavoro: sorpresa!
Davanti al telaio non c’era la ragazza, ma una stupenda gru bianca intenta a tessere un broccato facendo uso delle sue stesse piume! Il vecchio, incredulo, entrò nella stanza, e appena la gru lo vide, si trasformò nella ragazzina. “Avevate promesso di non spiarmi mentre lavoravo” disse “Ero veramente felice di stare qui con voi, ma ora che avete scoperto il mio segreto, sono costretta ad andarmene. Mi dispiace” e così dicendo abbandonò il telaio, corse fuori dell’uscio, si ritrasformò nella gru, spiegò le ali e volò via.
Il vecchio riconobbe la povera bestia che aveva salvato tempo prima dalla trappola nella palude. Con le lacrime agli occhi, i due osservarono la gru salire verso il cielo in ampi cerchi gridandole quanto le volevano bene, e prima che sparisse alla loro vista, il vecchio le lanciò il pettine che le aveva regalato. La gru lo prese nel becco, stridette con profonda tristezza e sparì fra le nuvole illuminate dalla luce della luna.- - - - -
TARO URASHIMA - Il pescatore
Molto tempo fà sulle rive nel mar del Giappone viveva un pescatore di nome Taro Urashima conosciuto da tutti per la sua grande abilità sia con la canna da pesca che con la rete.
Un giorno tirando le reti sulla sua barca pescò uno stupendo esemplare di tartaruga che probabilmente gli avrebbe fatto guadagnare un bel pò di soldi in più rispetto ai soliti ricavi per la vendita di pesce comune. Il buon Taro però era d'animo sensibile e tra se e se pensò che non aveva il diritto di uccidere un animale che sarebbe vissuto almeno altri 1000 anni così liberò la sua preziosa preda. Il peso dell'animale lo stancò tanto da farlo sdraiare sul fondo della barca così poco dopo si addormentò contento per la sua buona azione mentre le onde lo cullavano.
Al suo risveglio (ormai al tramonto), Taro si alzò stropicciandosi gli occhi e sbalordito vide una bellissima ragazza seduta nella sua barca. Aveva la pelle color della luna, i capelli color del sole e gli occhi color del mare. Subito il ragazzo gli domandò chi fosse e lei rispose dicendo di essere la figlia del dio del mare, che viveva nel profondo degli abissi al palazo dei draghi insieme a suo padre. La tartaruga che lui aveva risparmiato era in realtà lei stessa.
Il dio del mare infatti aveva trasformato sua figlia nel rettile marino per fargli scoprire se Taro fosse d'animo buono in quanto la sua fama di pescatore era giunta sino alle loro orecchie.
La ragazza gli dice che ora è sicura della sua bontà e che lui non avrebbe mai ucciso le creature del mare "gratuitamente" se non per la propria sopravvivenza, così gli annuncia felice che il padre vorrebbe che si sposassero e vivessero per 1000 anni nel palazzo dei draghi al di là del profondo mare azzurro.
Urashima che amava l'avventura e si era innamorato a prima vista di quella fanciulla, non se lo fece dire due volte. Così, preso un remo ciascuno, i due giovani cominciarono a remare e il giorno dopo alle prime luci dell'alba arrivarono nel regno dove il dio del mare governava sui draghi sulle tartarughe e su tutti i pesci.
Non appena Urashima vide il palazzo del dio del mare illuminato dalle prime luci del mattino gettò un grido di meraviglia. Le pareti erano di corallo, gli alberi avevano smeraldi per foglie e rubini per frutti. I pesci che guizzavano intorno avevano squame d'argento e i draghi avevano code d'oro massiccio. Neanche nelle sue fantasie più sfrenate il giovane pescatore avrebbe immaginato un luogo di così incommensurabile bellezza. In più, visto che stava per sposare la figlia del dio, tutto quello che vedeva sarebbe stato suo. La felicità era al settimo cielo.
Una volta celebrato lo sfarzoso matrimonio i due sposi cominciarono la loro agiata vita in quel regno meraviglioso, passeggiando tra i giardini di pietre preziose e ricevendo ogni giorno le visite e gli omaggi delle tantissime creature del mare di cui erano sovrani.
Passarono tre anni di gioia e amore reciproco ma arrivò il giorno in cui Urashima sentì fortemente la nostalgia del suo paese, della sua casa e naturalmente della sua famiglia della quale non aveva saputo più niente nonostante le continue domande fatte ai suoi sudditi. Così Taro disse alla moglie del suo desiderio di tornare a casa per vedere in che condizioni fossero i suoi cari, in quanto lui stesso con la sua pesca era stato il più grande sostentamento della sua famiglia ed ora aveva paura che fossero caduti in povertà.
Così promettendo ti tornare presto a palazzo si apprestò a partire.
La sua sposa triste per la sua decisione sapeva però che non avrebbe potuto fermarlo, così si rassegnò e gli donò una scatola magica per ricordarsi di lei durante il suo viaggio ma gli intimò di non aprirla per nessuna ragione altrimenti Urashima non sarebbe potuto tornare più da lei.
Così detto Taro prese la stessa barca con cui era venuto con la principessa la prima volta e con la scatola magica si diresse verso la riva del Giappone dove si trovava il suo paese. Quando finalmente giunge a destinazione, ossi la riva da dove era partito a pescare ben tre anni prima, quasi non riconosceva più niente dei posti dove era cresciuto e dove aveva pescato fino a pochi anni prima.
Di uguali c'erano solo le montagne, il ruscello che passava vicino casa, ma gli alberi per esempio erano tutti tagliati e non c'era traccia ne della sua casa ne del villaggio.
Preoccupato cominciò a seguire il torrente per trovare le donne che erano solite lavarci i panni e chiedergli quindi spiegazioni ma niente, nemmeno una all'orizzonte. Seduto a terra venne colto dalla malinconia e tristezza e cominciò a piangere pensando alla sua amata sposa quando vide venire verso di lui due uomini che non conosceva e raccolto un pò di coraggio gli andò incontro per chiedergli dove fosse ora la casa del pescatore Urashima che un tempo abitava questo luogo.
A questa domanda i due sconosciuti fecero una faccia sbalordita. -La casa di Urashima ? - dissero - Ma se sono 400 anni che Urashima è annegato mentre pescava e anche i suoi parenti , nipoti, e nipoti dei nipoti sono morti da molto tempo ormai. Come potete ricordarvi di lui e chiedere della sua casa ? Sono centinaia di anni che è caduta in rovina ed adesso non restano neppure le pietre. - Taro si guardò attorno smarrito con gli occhi lucidi di pianto e pensò che il meraviglioso palazzo del dio del mare con tutte le sue magnificenze appartenevano al mondo delle fate dove un giorno aveva la durata di un anno e gli anni la durata di secoli.
Capì che nulla ormai lo legava al suo paese, visto che tutti i suoi cari e gli amici erano morti e che Taro Urashima era solo una leggenda del luogo ormai.
Adesso il desiderio di tornare dalla sua amata sposa era più forte che mai ma non sapeva come farvi ritorno in quanto si era dimenticato di chiederlo alla principessa. Pensieroso si ricordò della scatola magica e la rimirò a lungo pensando che probabilmente aprendola avrebbe trovato il segreto per ritornare al palazzo del dio marino.
Detto fatto, Urashima aprì la scatola disobbedendo alla sua sposa. Da sotto il coperchio prezioso uscì una specie di nuvola di fumo azzurro che si involò rapida sull'oceano. Taro le gridò, gli corse appresso ma non c'era niente da fare.
Con le lacrime agli occhi pensò che ormai aveva perso ogni possibilità di rivedere la sua sposa che lo aspettava nel palazzo dei draghi dove era vissuto felice per tanti anni. Mentre correva dietro alla nuvola ad un certo punto si sentì mancare le forze.
Smise di correre e di gridare. Improvvisamente i suoi capelli si fecero bianchi, il suo viso si coprì di rughe profonde e la schiena gli si incurvò come quella di un vecchio decrepito. Alla fine il suo respiro si fermò e cadde riverso sulla spiaggia da dove era partito tanti anni prima verso il paese dei sogni.
Un giorno tirando le reti sulla sua barca pescò uno stupendo esemplare di tartaruga che probabilmente gli avrebbe fatto guadagnare un bel pò di soldi in più rispetto ai soliti ricavi per la vendita di pesce comune. Il buon Taro però era d'animo sensibile e tra se e se pensò che non aveva il diritto di uccidere un animale che sarebbe vissuto almeno altri 1000 anni così liberò la sua preziosa preda. Il peso dell'animale lo stancò tanto da farlo sdraiare sul fondo della barca così poco dopo si addormentò contento per la sua buona azione mentre le onde lo cullavano.
Al suo risveglio (ormai al tramonto), Taro si alzò stropicciandosi gli occhi e sbalordito vide una bellissima ragazza seduta nella sua barca. Aveva la pelle color della luna, i capelli color del sole e gli occhi color del mare. Subito il ragazzo gli domandò chi fosse e lei rispose dicendo di essere la figlia del dio del mare, che viveva nel profondo degli abissi al palazo dei draghi insieme a suo padre. La tartaruga che lui aveva risparmiato era in realtà lei stessa.
Il dio del mare infatti aveva trasformato sua figlia nel rettile marino per fargli scoprire se Taro fosse d'animo buono in quanto la sua fama di pescatore era giunta sino alle loro orecchie.
La ragazza gli dice che ora è sicura della sua bontà e che lui non avrebbe mai ucciso le creature del mare "gratuitamente" se non per la propria sopravvivenza, così gli annuncia felice che il padre vorrebbe che si sposassero e vivessero per 1000 anni nel palazzo dei draghi al di là del profondo mare azzurro.
Urashima che amava l'avventura e si era innamorato a prima vista di quella fanciulla, non se lo fece dire due volte. Così, preso un remo ciascuno, i due giovani cominciarono a remare e il giorno dopo alle prime luci dell'alba arrivarono nel regno dove il dio del mare governava sui draghi sulle tartarughe e su tutti i pesci.
Non appena Urashima vide il palazzo del dio del mare illuminato dalle prime luci del mattino gettò un grido di meraviglia. Le pareti erano di corallo, gli alberi avevano smeraldi per foglie e rubini per frutti. I pesci che guizzavano intorno avevano squame d'argento e i draghi avevano code d'oro massiccio. Neanche nelle sue fantasie più sfrenate il giovane pescatore avrebbe immaginato un luogo di così incommensurabile bellezza. In più, visto che stava per sposare la figlia del dio, tutto quello che vedeva sarebbe stato suo. La felicità era al settimo cielo.
Una volta celebrato lo sfarzoso matrimonio i due sposi cominciarono la loro agiata vita in quel regno meraviglioso, passeggiando tra i giardini di pietre preziose e ricevendo ogni giorno le visite e gli omaggi delle tantissime creature del mare di cui erano sovrani.
Passarono tre anni di gioia e amore reciproco ma arrivò il giorno in cui Urashima sentì fortemente la nostalgia del suo paese, della sua casa e naturalmente della sua famiglia della quale non aveva saputo più niente nonostante le continue domande fatte ai suoi sudditi. Così Taro disse alla moglie del suo desiderio di tornare a casa per vedere in che condizioni fossero i suoi cari, in quanto lui stesso con la sua pesca era stato il più grande sostentamento della sua famiglia ed ora aveva paura che fossero caduti in povertà.
Così promettendo ti tornare presto a palazzo si apprestò a partire.
La sua sposa triste per la sua decisione sapeva però che non avrebbe potuto fermarlo, così si rassegnò e gli donò una scatola magica per ricordarsi di lei durante il suo viaggio ma gli intimò di non aprirla per nessuna ragione altrimenti Urashima non sarebbe potuto tornare più da lei.
Così detto Taro prese la stessa barca con cui era venuto con la principessa la prima volta e con la scatola magica si diresse verso la riva del Giappone dove si trovava il suo paese. Quando finalmente giunge a destinazione, ossi la riva da dove era partito a pescare ben tre anni prima, quasi non riconosceva più niente dei posti dove era cresciuto e dove aveva pescato fino a pochi anni prima.
Di uguali c'erano solo le montagne, il ruscello che passava vicino casa, ma gli alberi per esempio erano tutti tagliati e non c'era traccia ne della sua casa ne del villaggio.
Preoccupato cominciò a seguire il torrente per trovare le donne che erano solite lavarci i panni e chiedergli quindi spiegazioni ma niente, nemmeno una all'orizzonte. Seduto a terra venne colto dalla malinconia e tristezza e cominciò a piangere pensando alla sua amata sposa quando vide venire verso di lui due uomini che non conosceva e raccolto un pò di coraggio gli andò incontro per chiedergli dove fosse ora la casa del pescatore Urashima che un tempo abitava questo luogo.
A questa domanda i due sconosciuti fecero una faccia sbalordita. -La casa di Urashima ? - dissero - Ma se sono 400 anni che Urashima è annegato mentre pescava e anche i suoi parenti , nipoti, e nipoti dei nipoti sono morti da molto tempo ormai. Come potete ricordarvi di lui e chiedere della sua casa ? Sono centinaia di anni che è caduta in rovina ed adesso non restano neppure le pietre. - Taro si guardò attorno smarrito con gli occhi lucidi di pianto e pensò che il meraviglioso palazzo del dio del mare con tutte le sue magnificenze appartenevano al mondo delle fate dove un giorno aveva la durata di un anno e gli anni la durata di secoli.
Capì che nulla ormai lo legava al suo paese, visto che tutti i suoi cari e gli amici erano morti e che Taro Urashima era solo una leggenda del luogo ormai.
Adesso il desiderio di tornare dalla sua amata sposa era più forte che mai ma non sapeva come farvi ritorno in quanto si era dimenticato di chiederlo alla principessa. Pensieroso si ricordò della scatola magica e la rimirò a lungo pensando che probabilmente aprendola avrebbe trovato il segreto per ritornare al palazzo del dio marino.
Detto fatto, Urashima aprì la scatola disobbedendo alla sua sposa. Da sotto il coperchio prezioso uscì una specie di nuvola di fumo azzurro che si involò rapida sull'oceano. Taro le gridò, gli corse appresso ma non c'era niente da fare.
Con le lacrime agli occhi pensò che ormai aveva perso ogni possibilità di rivedere la sua sposa che lo aspettava nel palazzo dei draghi dove era vissuto felice per tanti anni. Mentre correva dietro alla nuvola ad un certo punto si sentì mancare le forze.
Smise di correre e di gridare. Improvvisamente i suoi capelli si fecero bianchi, il suo viso si coprì di rughe profonde e la schiena gli si incurvò come quella di un vecchio decrepito. Alla fine il suo respiro si fermò e cadde riverso sulla spiaggia da dove era partito tanti anni prima verso il paese dei sogni.
In Giappone esiste un detto che rappresenta bene il rispetto proprio per la longeva tartaruga:
"TSURU WA SEN-NEN, KAME WA MAN-NEN" = La grù vive fino a 1000 anni, la tartaruga 10.000 .
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