Storia del Giappone Periodo Meiji 1868-1912

Guerra Boshin
La guerra dell'anno del Drago 1868-1869 

La guerra Boshin (,letteralmente "guerra dell'anno del drago") fu una guerra civile giapponese, combattuta nel 1868-1869 tra i sostenitori dello shogunato Tokugawa e i fautori della reinstaurazione dell'Imperatore Meji. La causa immediata della guerra fu la dichiarazione imperiale di abolizione del governo bicentenale dello shogunato e l'imposizione del governo diretto della corte imperiale. L'andamento della guerra volse rapidamente a favore della più piccola, ma relativamente modernizzata, fazione imperiale e dopo una serie di battaglie sull'isola principale di Honshu che culminarono nella resa di Edo, i resti delle forze dei Tokugawa si ritirarono nell'Hokkaido, proclamando l'unica repubblica nella storia del Giappone. Con la battaglia di Hakodate anche questi ultimi resti dei Tokugawa furono sconfitti, lasciando tutto il Giappone sotto il controllo della corte imperiale, completando la fase militare della Restaurazione Meji.
Il conflitto mobilitò circa 120.000 uomini e causò circa 3.500 vittime. Al suo termine la vittoriosa fazione imperiale abbandonò l'obbiettivo dell'espulsione degli stranieri del Giappone, ma adottò invece una politica di modernizzazione continuata del paese, mirando a una riorganizzazione dei trattati con le potenze straniere. Grazie all'insistenza di uno dei principali leader della fazione imperiale, Saigo Takamori, venne mostrata clemenza verso i lealisti Tokugawa e molti dei precedenti leader della fazione dello shogunato ricevettero incarichi nel nuovo governo.
La guerra Boshin testimoniò l'avanzato stato di modernizzazione già raggiunto dal Giappone nei soli quattordici anni trascorsi dall'apertura delle frontiere con l'Occidente, l'alto grado di coinvolgimento delle nazioni occidentali negli affari interni della nazione e la piuttosto turbolenta reinstallazione del potere imperiale. Con il passare del tempo la guerra venne romanticizzata dai giapponesi che vennero a considerare la Restaurazione come una "rivoluzione pacifica", nonostante i morti causati.

Situazione politica
Primo dissenso verso lo Shogunato
Per i due secoli precedenti il 1854 il Giappone fu una nazione quasi completamente chiusa ai rapporti con le nazioni straniere, con le eccezione della Corea attraverso Tsushima, la Cina della dinastia Qing mediante le isole Ryu Kyu, e l'Olanda mediante la stazione commerciale di Dejima Nel 1854 il commodoro Matthew Perry forzò il Giappone ad aprirsi al commercio internazionale sotto la minaccia militare della sua flotta, dando inizio a un periodo di rapido sviluppo del commercio con l'estero e di occidentalizzazione. A causa soprattutto degli umilianti termini dei trattai ineguali imposti dal commodoro Perry, lo shogunato si trovò ben presto ad affrontare un'ostilità interna che si concretizzò in un movimento radicale xenofobico, il sonnō jōi (letteralmente "Venera l'Imperatore, espelli i barbari").
Nel 1864 queste azioni vennero vittoriosamente contrastate da rappresaglie armate delle potenze straniere, come il britannico bombardamento di Kagoshima ed il multinazionale bombardamento di Shimonoseki. Contemporaneamente le forze di Choshu, insieme con i ronin xenofobici, scatenarono la ribellione Hamaguri cercando di impossessarsi di Kyoto, dove risiedeva la corte dell'imperatore, ma il futuro Shogun Tokugawa Yoshinobu guidò una spedizione punitiva sconfiggendoli. A questo punto la resistenza iniziale tra i leader di Chōshū e la corte imperiale si ritirò, ma l'anno successivo lo Shogunato si dimostrò incapace di mantenere il pieno controllo della nazione, dato che molti daimyo iniziarono a ignorare gli ordini e le richieste provenienti da Edo.
L'imperatore Komei simpatizzava con questi sentimenti, e rompendo secoli di tradizione imperiale iniziò ad assumere un ruolo attivo negli affari di stato: denunciò i trattati e tentò di interferire nella successione dello Shogunato. I suoi sforzi culminarono nel 1863 con l'«ordine di espellere i barbari». Sebbene lo Shogunato non avesse intenzione di porre in atto l'ordine, questo ispirò comunque attacchi contro il Bakufu e contro gli stranieri in Giappone: l'incidente più famoso fu l'omicidio del commerciante britannico Charles Lennox Richardson, per la cui morte il governo Tokugawa dovette pagare un'indennità di centomila sterline britanniche. Altri attacchi inclusero il bombardamento di navi straniere a Shimonoseki. Queste azioni furono contrastate da ritorsioni armate da parte delle potenze straniere, come il bombardamento di Shimonoseki e quello di Kagoshima, e da spedizioni punitive del Bakufu, come quando lo shogun Tokugawa Keiki sconfisse le forze Chosu nel loro tentativo di catturare i cancelli imperiali a Hamaguri nel 1864.

Assistenza militare straniera
Nonostante il bombardamento di Kagoshima il dominio di Satsuma era diventato uno stretto alleato del Regno Unito e con il suo supporto perseguì una politica di modernizzazione della sua marina e esercito. Esperti militari anglo-americani possono essere stati coinvolti direttamente in questi sforzi militari. L'ambasciatore britannico Harry Smith Parkes supportò le forze ostili allo Shogunato in uno sforzo di stabilire un governo imperiale legittimo e unificato in Giappone. In questo periodo i leader di regioni meridionali, come Saigo Takamori di Satsuma, o Hirobumi Ito e Inoue Kaoru di Chōshū coltivarono connessioni personali con i diplomatici britannici, tra cui Enest Mason Satow.
Anche lo shogunato stava preparandosi al conflitto modernizzando le sue forze. In linea con i progetti di Parker i britannici fino a quel punto gli alleati principali dello Shogunato si dimostrarono riluttanti a fornire assistenza. I Tokugawa pertanto si affidarono principalmente all'esperienza francese, confortati dal prestigio militare di Napoleone III, acquisito nella guerra di Crimea e nella seconda guerra d’indipendenza italiana. Lo Shogunato si impegnò intensamente nella costruzione di un esercito e di una marina moderni e potenti: venne costituita una marina moderna con un nucleo di otto navi da guerra a vapore, che era già la più potente dell'Asia. Nel 1865 venne costruito a Yokosuka il primo arsenale navale moderno del Giappone. Nel gennaio 1867 era arrivata una missione militare francese per riorganizzare l'esercito e creare una forza di élite, e venne acquistata negli Stati Uniti una rivoluzionaria nave da guerra corazzata costruita in Francia (la CSS Stonewall). A causa però della neutralità dichiarata delle potenze occidentali gli Stati Uniti si rifiutarono di consegnare la nave; quando cessò la neutralità il vascello venne ottenuto dalla fazione imperiale, che lo impiegò nella battaglia di Hakodate con il nome di Kōtetsu (letteralmente «corazzato in ferro»).

Colpo di stato (1866-8)
In seguito a un colpo di stato interno a Chōshū e alla sua nuova rivolta lo Shogunato annunciò la sua intenzione di guidare una spedizione di spegnere l'insurrezione. Chōshū si alleò segretamente con la provincia di Satsuma. Comunque alla fine del 1866 lo Shogun Iemochi e l'imperatore Komei morirono e furono succeduti rispettivamente da Yoshinobu e Meiji. Questi eventi «resero una tregua inevitabile.» Il 9 novembre 1867 l'imperatore Meiji inviò un ordine segreto a Satsuma e Chōshū che comandava «l'uccisione del suddito traditore Yoshinobu.» Ma appena poco prima di ciò e in seguito a una proposta del daimyo di Tosa, Yoshinobu rimise la sua posizione e autorità all'imperatore, chiamando un'assemblea generale di daimyo per creare un nuovo governo. Lo shogunato Tokugawa era terminato.
La resa di Yoshinobu aveva creato un vuoto nominale ai massimi livelli di governo, pertanto il suo apparato di stato continuò a esistere. Inoltre il governo dello shogunato, la famiglia Tokugawa in particolare era rimasta una forza prominente nell'evolvente ordine politico e avrebbe mantenuto molti poteri esecutivi, una prospettiva che i sostenitori della linea dura di Satsuma e Chōshū trovavano intollerabile. Gli eventi culminarono il 3 gennaio 1868 quando questi ultimi occuparono il palazzo imperiale di Kyoto e fecero in modo che il quindicenne imperatore Meiji dichiarasse il giorno successivo la piena reinstaurazione del suo potere. Sebbene la maggioranza dell'assemblea consultiva imperiale si accontentasse della formale dichiarazione del potere imperiale e fosse favorevole a continuare la collaborazione con i Tokugawa, Saigo Takamori minacciò l'assemblea obbligandola a proclamare l'abolizione del titolo di "shogun" e la confisca delle terre di Yoshinobu.
Sebbene accolse inizialmente queste richieste il 17 gennaio 1868 Yoshinobu dichiarò che «non sarebbe stato vincolato alla proclamazione di Restaurazione e chiese alla corte di rescinderla.» Il 24 gennaio Yoshinobu decise di preparare un attacco contro Kyoto occupata dalle forze di Satsuma e Chōshū. Questa decisione venne spinta dalle notizie di una serie di incendi a Edo, a partire dalle fortificazioni esterne del castello di Edo, la principale residenza dei Tokugawa. Di ciò venne accusato un ronin di Satsuma, che quel giorno aveva attaccato un ufficio governativo. Il giorno successivo le forze dello shogunato attaccarono la residenza a Edo del daimyo di Satsuma, dove si trovavano molti oppositori dello shogunato agli ordini di Takamori si erano nascosti per creare problemi. Il palazzo venne dato alle fiamme e tutti gli opponenti uccisi o successivamente giustiziati.

Battaglia di Toba-Fushimi
Il 27 gennaio 1868, forze dello shogunato si scontrarono con forze di Chōshū e Satsuma vicino a Toba e Fushimi nelle vicinaze di Kyoto. Parte dei 15.000 uomini dello shogunato erano state addestrate da consiglieri militari francesi, ma la maggior parte consisteva di forze tradizionali di samurai. Le forze di Chōshū e Satsuma erano sopravanzate di 3 a 1, ma erano completamente modernizzate. Dopo un inizio inconclusivo il secondo giorno l'imperatore diede il suo stendardo ufficiale alle truppe in difesa e nominò generale in capo uno dei suoi parenti Komatsumi Akihito, ufficializzando le sue forze come esercito imperiale,. Inoltre, convinti dai cortigiani imperiali, diversi daimyo locali, fino a questo punto fedeli allo shogun, iniziarono a defezionare per unirsi alla fazione imperiale. Tra questi vi furono il daimyo di Yodo il 5 febbraio e quello di Tsu  il 6, facendo pendere il bilancio militare in favore della fazione imperiale.
Il 7 febbraio Tokugawa Keiki, apparentemente disturbato dal consenso imperiale alle azioni di Satsuma and Chōshū, abbandonò il combattimento e fuggì da Osaka, a bordo della nave da guerra Kanrin Maru ritirandosi a Edo. Demoralizzati dalla sua fuga e dal tradimento di Yodo e Tsu le forze dello shogunato si ritirarono lasciando la vittoria alla fazione imperiale, sebbene si è comunemente ritenuto che avrebbero potuto vincere lo scontro. Il suo castello di Osaka venne attaccato il 1° marzo mettendo fine alla battaglia di Toba-Fushimi.
Contemporaneamente il 28 gennaio 1868 si svolse la battaglia navale di Awa tra la marina dello Shogunato e quella di Satsuma, che divenne la prima battaglia navale giapponese tra flotte moderne. La battaglia sebbene di piccola importanza, terminò in favore dello Shogunato.
Sul fronte diplomatico i ministri delle nazioni straniere, raccolti nel porto aperto di Hyogo (Kobe) dall'inizio di febbraio, emisero una dichiarazione congiunta nella quale lo Shogunato veniva ancora considerato il solo governo legittimo del Giappone, dando la speranza a Tokugawa Yoshinobu che le nazioni straniere (specialmente la Francia) avrebbero potuto considerare un intervento in suo favore. Comunque pochi giorni dopo una delegazione imperiale visitò i ministri dichiarando che lo Shogunato era stato abolito, che i porti sarebbero stati aperti in conformità ai trattati internazionali e che gli ospiti stranieri sarebbero stati protetti. I ministri decisero infine di riconoscere il nuovo governo.
L'aumento di sentimenti antistranieri condusse comunque a molti attacchi contro di essi nei mesi successivi. L'8 marzo 1868 undici marinai francesi della corvetta Dupleix furono uccisi da samurai della provincia Tosa sulle strade di Kyoto.

Resa di Edo
A partire da febbraio, con l'aiuto dell'ambasciatore francese, venne formulato un piano per fermare l'avanzata della corte imperiale a Odawara, l'ultimo punto strategico di ingresso a Edo, ma Yoshinobu fu contrario al piano. Scioccato Léon Roches si dimise dalla sua posizione. All'inizio di marzo sotto l'influenza del ministro britannico Harry Parkes, le nazioni straniere firmarono un patto di stretta neutralità, accordandosi che non sarebbero intervenuti o consegnato forniture militari a nessuna delle due fazioni fino alla risoluzione del conflitto.
Saigo Takamori condusse vittoriosamente forze imperiali nel Giappone settentrionale e orientale, vincendo la battaglia di Koshu-Katsunuma. Circondò Edo nel maggio 1868, fino alla resa senza condizioni di Katsu Kaishu, ministro dell'esercito dello Shogun. Alcuni gruppi continuarono a combattere dopo la resa, ma furono sconfitti nella battaglia di Ueno. Nel frattempo il comandante in capo della marina dello Shogun, Enomoto Taleaki, si rifiutò di cedere le sue navi e fuggì a nord con i resti della marina, otto corazzate a vapore, e 2.000 marinai, nella speranza di organizzare un contrattacco insieme con i daimyo settentrionali. Venne accompagnato da una manciata di consiglieri militari francesi, che avevano dato formalmente le dimissioni dall'Esercito Francese per accompagnare i ribelli.

Resistenza della Coalizzazione Settentrionale
Dopo la resa di Yoshinobu la maggior parte del Giappone accettò il governo dell'imperatore, ma un nucleo di sostenitori dello shogunato condotti dal clan Aizu continuò la resistenza nel settentrione. In maggio diversi daimyo settentrionali dei feudi Sendai, Yonezawa, Aizu, Shonai e Nagaoka per un totale di circa 50.000 truppe si allearono nella Coalizzazione Settentrionale, per opporsi le truppe imperiali. La flotta del Bakufu al comano di Enomoto Takeaki raggiunge il porto di Sendai il 26 agosto.
Sebbene la Coalizione Settentrionale fosse numerosa, era male equipaggiata e si affidava a metodi di combattimento essenzialmente tradizionali. Gli armamenti moderni erano scarsi e venne tentato all'ultimo momento di costruire cannoni in legno, rinforzati con corde, per sparare proiettili di pietra. Questi cannoni, installati su postazioni difensive, potevano sparare solo quattro o cinque proiettili, prima di saltare. D'altra parte il daimyo di Nagaoka riuscì a procurarsi due delle tre mitragliatrici gatling esistenti allora in Giappone, così come 2.000 fucili francesi moderni.
Nel maggio 1868 il daimyo di Nagaoka inflisse pesanti perdite alle truppe imperiali nella battaglia di Hokuetsu, ma perse infine il suo castello il 19 maggio. Le truppe imperiali continuarono ad avanzare verso nord, sconfiggendo gli Shinsengumi nella battaglia del passo Boneri, che aprì la strada all'attacco del castello di Aizu-Wakamatsu nella battaglia di Aizu nell'ottobre 1868, rendendo così insostenibile la posizione del Sendai.
La coalizione crollò e il 12 ottobre 1868 la flotta lasciò il Sendai per l'Hokkaido, dopo aver acquisito altre due navi e circa 1.000 altre truppe: i resti di truppe dello Shogunato al comando di Otori Keisuke, degli Shinsengumi al comando di Hijikata Toshizo e di Yugekitai al comando di Katsutaro Hitomi, così come numerosi altri consiglieri militari francesi.
Il 26 ottobre Edo venne ribattezzata Tokyo, e iniziò ufficialmente l'era Meji. Dopo una mese di combattimenti, Aizu ammise finalmente la sconfitta il 6 novembre, in seguito alla quale il giovane corpo di guerrieri Byakkotai ("Corpo della Tigre Bianca") commise un suicidio di massa.

Campagna dell'Hokkaido
Creazione della Repubblica di Ezo
In seguito alla sconfitta nell'Honshu Enomoto Takeaki fuggì nell'Hokkaido con i resti della marina e una manciata di consiglieri militari. Insieme organizzarono un governo con l'obbiettivo di stabilire una nazione insulare indipendente dedicata allo sviluppo dell'Hokkaido.
Il 25 dicembre dichiararono formalmente la Repubblica di Ezo, l'unica esistita in Giappone, sull'esempio del modello statunitense e Enomoto ne venne eletto presidente con una larga maggioranza. La repubblica tentò di stabilire contatti con le legazioni straniere di Hakodate, come gli Stati Uniti, la Francia e la Russia, ma non riuscì a raccogliere nessun supporto o riconoscimento internazionale. Enomoto si offrì di conferire il territorio allo shogun Tokugawa sotto il governo imperiale, ma la proposta venne declinata dal consiglio Imperiale Governante.
Durante l'inverno le difese intorno alla penisola meridionale di Hakodate furono fortificate e al centro fu eretta la nuova fortezza di Goryokaku. Le truppe furono organizzate con un comando franco-giapponese: il comandante in capo fu Otori Keisuke, assistito dal suo vice, il capitano francese Jules Brunet. Al loro comando c'erano quattro brigate, ognuna comandata da un ufficiale francese  e divisa in due semibrigate con un comando giapponese.

Sconfitta e resa finale
Il 20 marzo, la Marina Imperiale raggiunse il porto di Miyako, ma anticipandone l'arrivo delle mani imperiali i ribelli di Ezo organizzarono un audace piano per impossessarsi della nuova potente nave da guerra Kotetsu. Tre navi da guerra furono inviate per un attacco a sorpresa, in quella che divenne nota come battaglia navale di Miyako. A causa del maltempo, problemi a un motore e al decisivo uso di una mitragliatrice Gatling contro le squadre di abbordaggio, la battaglia terminò con una vittoria imperiale.
Le forze imperiali consolidarono rapidamente il loro controllo delle isole principali e nell'aprile 1869 inviarono la flotta, con una forza di fanteria di 7.000 uomini a Ezo, iniziando la battaglia di Hakodate. Le forze imperiali avanzarono con rapidità, vinsero la prima battaglia navale giapponese su larga scala tra marine moderne, la battaglia navale della baia di Hakodate, e in breve tempo circondarono la fortezza di Goryokaku in cui rimanevano soli 800 difensori. Sebbene Enomoto avesse deciso di combattere fino alla fine ed avesse inviato i suoi oggetti di valore al suo avversario perché fossero tenuti al sicuro, Otori lo convinse ad arrendersi dicendogli che decidere di vivere oltre la sconfitta è la scelta veramente coraggiosa: «Se veramente vuoi morire puoi farlo in qualunque momento». Enomoto si arrese il 18 maggio 1869 e accettò il governo dell'imperatore Meiji; la Repubblica cessò di esistere il 27 giugno 1869.

Conseguenze
Perdono e occidentalizzazione
Successivamente alla vittoria il nuovo governo proseguì nell'unificazione del paese sotto un'unico, legittimo e potente governo imperiale. Il potere politico e militare dei vari feudi venne progressivamente eliminato, questi trasformati in prefetture e molti samurai convertiti a responsabilità amministrative. Grazie al ruolo chiave giocato nella vittoria, uomini dei feudi occidentali di Satsuma, Chōshū e Tosa occuparono per decenni i posti chiave nel governo, una situazione a volte definita “oligarchia Meiji” e formalizzata con l'istituzione del Genrò.
I principali precedenti sostenitori dello Shogun vennero imprigionati in attesa di giudizio e scamparono di stretta misura alla condanna capitale. Ciò avvenne grazie all'insistenza di Saigo Takamori e Iwakuru Tomoni, sebbene in grande misura anche ai consigli di Parks, l'inviato britannico, che secondo Ernest Saw disse a Saigo «la severità verso Keiki Yoshinobu o i suoi sostenitori, specialmente riguardo a punizioni personali, avrebbe danneggiato la reputazione del nuovo governo rispetto alle potenze europee» Dopo due o tre anni, la maggior parte venne liberata e furono chiamati a servire nel nuovo governo, dove diversi perseguirono brillanti carriere, per esempio Enomoto Takeaki, precedente leader delle forze dello shogunato, divenne inviato in Russia e in Cina e ministro dell'Educazione.
La fazione imperiale non perseguì il suo obiettivo di espellere interessi stranieri in Giappone, ma invece assunsero una politica più progressista mirata alla continua modernizzazione del paese e la successiva rinegoziazione dei trattati ingiusti con le potenze straniere, sotto il motto “ricca nazione, forte esercito” (富国強兵, fukoku kyōhei). Questa modifica dell'atteggiamento verso gli stranieri avvenne durante le prime fasi della guerr civile: l'8 aprile 1868 vennero eretti nuovi cartelli in Kyoto (e successivamente in tutto il paese) che specificatamente ripudiavano la violenza contro gli stranieri. Durante il conflitto l'imperatore Meiji ricevette personalmente gli inviati europei, prima in Kyoto e in seguito a Osaka e Tokyo. Inoltre l'accoglimento a Tokyo del duca Alfredo di Edimburgo come «come suo pari di sangue» Sebbene l'inizio dell'Era Meiji testimoniò un riscaldamento delle relazioni tra la corte imperiale e i poteri stranieri, le relazioni franco-giapponesi si inacidirono a causa del supporto iniziale dato allo Shogun, sebbene una seconda missione militare venne inviata in Giappone nel 1874 e una terza nel 1884. Una stretta collaborazione riprese nel 1886, quando la Francia aiutò il Giappone a costruire la sua prima marina moderna, sotto la direzione dell'ingegnere navale Louis-Emile Bertin. La modernizzazione del paese era già stata diffusamente iniziata durante gli ultimi anni dello shogunato e il governo Meiji adottò infine la stessa politica, sebbene fu in grado di mobilizzare più efficientemente l'intera nazione verso la modernizzazione.
Dopo la sua incoronazione Meiji emise il giuramento dei cinque articoli che promuoveva la costituzione di assemblee deliberative, prometteva nuove opportunità per le persone comuni, aboliva i «malvage tradizioni del passato» e cercava la conoscenza nel mondo «per rinforzare le fondamenta del governo imperiale.» Tra le importanti riforme del governo Meiji c'è l'abolizione del sistema Han nel 1871 che rimpiazzò i domini feudali e i loro governanti ereditari con prefetture governate da governatori incaricati dall'imperatore. Altre riforme inclusero l'introduzione della scuola obbligatoria e l'abolizione delle distinzioni di classe. Le riforme culminarono con l'emissine della Costituzione Meiji nel 1889. Comunque nonostante il supporto dato alla corte imperiale dai samurai, molte delle prime riforme Meiji furono a loro detrimento: la creazione di un esercito di coscritti tratti dalle classi comuni, così come la perdita dei privilegi e degli stipendi ereditari inimicarono molti precedenti samurai. Le tensioni erano particolarmente acute nel sud, portando alla ribellione di Saga del 1874 e a una ribellione in Chōshū nel 1876. Ex-samurai di Satsuma guidati da Saigo Takamori che aveva lasciato gli incarichi governativi in opposizione alle politiche verso gli stranieri, iniziarono la ribellione di Satsuma nel 1877. Combattendo per il mantenimento della classe dei samurai e un governo più virtuoso il loro slogan fu «Nuovo governo, alta moralità» (新政厚徳, Shinsei Kōtoku). Alla subirono un'eroica, ma totale, sconfitta alla battaglia di Shiroyama.

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