I Grandi Maestri della letteratura Giapponese
Ogiwara Seisensui
Matsuo Bashõ
Yosa Buson
Takarai Kikaku
Ogiwara Seisensui
Matsuo Bashõ
Yosa Buson
Takarai Kikaku
Ogiwara Seisensui
Nato nel 1884, si laureò in linguistica alla università di
nel 1908. Tre anni dopo fondò una nuova rivista di haiku Soun “Strati di
nuvole”. Fu un autore molto prolifico anche nel campo della critica degli
haiku. Morì nel 1976. Caratteristica di Ogiwara Seisensui è che scriveva in
versi liberi e che abolì l’uso del Kigo non rispettando la tradizionale suddivisione
per stagioni.
Hana no katamuku
Hodo wa chò no hane.
Tanti ali di farfalla
da piegare i fiori.
Tanshin wo choshin ga ou
Dake no seikatsu de
Hizashi ga sankaku.
Triangolo di raggi di
sole:
Una semplice vita
In cui un ago lungo
Ne segue uno corto.
Bashõ (bah-shoh), pseudonimo di Matsuo Munefusa (1644-94), poeta giapponese, è considerato lo scrittore più importante di haiku giapponese negli anni in cui nasceva questo genere di poesia. Nato in una famiglia di samurai fra le più importanti della nobiltà, Bashõ rifiutò quel mondo e divenne un vagabondo. Studiò Zen, storia, e poesia cinese classica, mentre viveva in povertà con il solo aiuto economico di un modesto sussidio e di donazioni dei suoi molti studenti. Dal 1667 visse a Edo (l'attuale Tokio), dove cominciò a comporre haiku. Da secoli Bashõ è il poeta più amato in Giappone, sia perché in lui avvertono tutta l'anima della loro cultura tradizionale, sia perché fece coincidere la poesia con l'itinerario quotidiano dell'esistenza portando l'haiku il più vicino possibile alla vita e liberandolo da ogni ricercatezza stilistica. La struttura dei suoi haiku riflette la semplicità della sua vita meditativa. Quando Matsuo sentì il bisogno di stare in solitudine, si ritirò nel suo basho-an, una capanna di foglie di piantaggine (basho), da cui assunse il suo pseudonimo. Bashõ infuse una qualità mistica in molti dei suoi versi e tentò di esprimere i temi universali attraverso semplici naturali immagini, dalle ombre del chiarore di luna alle pulci nella sua capanna. Influenzato dal suo vivere secondo lo Zen, portò negli haiku lo "Stile Elegante" (fuga-no-michi) e si avvicinò alla poesia stessa come ad uno stile di vita (kado, la via della poesia) nella convinzione che la poesia potesse essere una fonte di miglioramento intellettuale. "Realizza il miglioramento intellettuale e poi torna in questo mondo di umanità", disse. Ed ancora "Non seguire le orme dei vecchi maestri, ma cerca quello che loro cercarono." Il suo "Stile Elegante" non incluse il trappings mero associato con eleganza; egli cercò la visione autentica della "vecchiaia". La sua attenzione al mondo naturale trasformò la forma di questi versi da un passatempo frivolo in un genere importante della poesia giapponese. Negli ultimi dieci anni di vita Bashõ fece molti viaggi, ricavando da essi molte immagini che inspirarono la sua poesia contemplativa. Collaborò anche con poeti locali sulla forma di collegamento fra i versi conosciuta come renga. Oltre ad essere il maggior poeta di haiku e renga, Bashõ scrisse haibun, breve prosa e travelogues della prosa-e-poesia come Oku-no-hosomichi (L'ultimo viaggio verso i distretti del nord) del 1689; che sono rimaste opere uniche nella letteratura mondiale.
Taniguchi Buson
Taniguchi Buson (bu-sahn) (1716-1784), chiamato più tardi Yosa Buson, era un poeta di haiku giapponese ed anche affermato pittore. E' riconosciuto come un grande poeta giapponese di haiku, secondo solo al grande maestro Matsuo Bashõ, fra i poeti dell'Edo o del periodo Tokugawa (1600-1868). Buson nacque in un sobborgo di Osaka; rimasto orfano in giovane età, si trasferì a Edo (l'attuale Tokio) nel 1737 per studiare pittura e la poesia haiku nella tradizione di Basho. Dopo la morte di uno dei suoi insegnanti di poesia nel 1742, visitò il nord del Giappone, dove visse Bashõ ed anche le regioni occidentali, fino a quando nel 1751 si stabilì a Kyoto. Particolarmente attivo come pittore tra il 1756 ed il 1765, Buson tornò gradualmente agli haiku, guidando un movimento che voleva favorire il ritorno alla purezza dello stile di Bashõ eliminando dagli haiku l'intelligenza superficiale. Nel 1760 si sposò e nel 1771 con il suo contemporaneo Ike no Taiga dipinse una famosa serie di dieci scene, dimostrando così di essere uno dei maggiori pittori della sua epoca. Il maggior contributo che Buson diede agli haiku è la sua complessità ed il suo spirito di osservazione da pittore. L'abilità tecnica di Buson come artista è visibile nel dettaglio visuale della sua poesia. Il gruppo di poesia che fondò pubblicò il suo primo libro nel 1772. I suoi haiku mostrano un stile maggiormente obiettivo ed illustrato di quelli più compassionevoli di Bashõ. Mentre Bashõ insegnò "La tecnica del Maestro, poi la dimentichi", la tecnica di Buson è meno trasparente ed i suoi poemi più consapevolmente composti; fu infatti un poeta evocativo e con una particolare sensibilità. Nel 1776 il suo gruppo costruì un Bashoan (casa Basho per raduni) e sua figlia si sposò, anche se questo infelice matrimonio addolorò profondamente il poeta. Oltre agli haiku egli scrisse lunghi versi influenzato dalla poesia classica cinese e giapponese. Buson comunque fu ricordato principalmente come pittore fino a quando le sue composizioni non furono valorizzate da scrittori moderni come Masaoka Shiki e Hagiwara Sakutaro.
Takarai Kikaku
Nato a Edo nel 1661, era figlio di un medico e destinato alla stessa professione del padre, ma ricevette un’ottima istruzione anche in pittura, calligrafia classici cinesi.
Noto anche come Enomoto Kikaku, fu un famoso poeta Haikai, fu tra i più importanti discepoli di Bashō tanto che dopo la sua morte Kikaku lasciò un importante documento storico, che descrive gli ultimi giorni del suo maestro. Kikaku successivamente inaugurò un nuovo stile poetico.
Morì nel 1707.
Shimo no tsura
Tsuchi ni futon mo
Kabusarezu
Gru nella brina
Nemmeno il futon sulla tomba
Verrà coperto
Kikaku scrisse questo haiku per la morte della seconda figlia.
-.-.-
Are kike to
Shigure kuru yo no
Kane no koe
Ascolta!
Arrivano le piogge
Voce della campana notturna
-.-.-
Hatsushimo ni
Nani to oyoru zo
Fune no naka
Con la prima brina
Chissà cosa sogneranno
Nelle barche?
-.-.-
Karabitaru
Mii no Niō ya
Fuyukodachi
I Niō del tempio Mii
Spoglio, il boschetto d’inverno
I Niō erano divinità guardiane dei templi.
-.-.-
Kono ki to ya
Shō na sasarete
Fuyu no tsuki
Il portone di questo castello
È stato sprangato
Luna d’inverno
Lapide commemorativa del poeta
Waka - Tanka - Haiku
Waka
Waka (letteralmente "poesia giapponese") è una forma poetica giapponese in 31 sillabe divise in versi di 5-7-5-7 e 7 sillabe rispettivamente. Comparve in Giappone nel tardo VII secolo dalla regolarizzazione di forme esistenti e si sviluppo' tra l'aristocrazia di corte nei secoli successivi. Fu la forma dominante nel Periodo Heian, spodestando definitivamente il choka (poesia lunga). Nato sotto l'influsso della cultura e della lingua cinese, lo waka ha tra i temi principali la natura e l'amore, due tematiche sempre care alla letteratura insulare. A tale proposito è sufficiente pensare a due delle più importanti antologie poetiche della tradizione classica, quali il Man’yoshu, raccolta di 4.500 poesie scritte tra il 630 e il 960, e il Kokin Wakashū , compilata nel 905 su ordine dell'imperatore, anche noto come Kokinshu.
Le opere contenute al loro interno permettono di tracciare il percorso evolutivo del concetto della natura nella poetica giapponese. Infatti, in esse si nota come il poeta si allontani dalla concezione antica, secondo la quale il fenomeno naturale era visto come manifestazione divina, per abbracciare l'idea che la natura non era un qualche cosa di astratto, ma un fenomeno verso cui essere sensibili.
In un secondo tempo la natura diventa contemplazione estetica; osservare la natura suscita emozioni nell'animo umano e la poesia diventa il veicolo per esprimere il sentimento.
L'utilizzo del waka si realizzava essenzialmente attraverso due canali: la poesia sul byobu (byobuuta) e la gara di poesia (utaawase).
Le opere contenute al loro interno permettono di tracciare il percorso evolutivo del concetto della natura nella poetica giapponese. Infatti, in esse si nota come il poeta si allontani dalla concezione antica, secondo la quale il fenomeno naturale era visto come manifestazione divina, per abbracciare l'idea che la natura non era un qualche cosa di astratto, ma un fenomeno verso cui essere sensibili.
In un secondo tempo la natura diventa contemplazione estetica; osservare la natura suscita emozioni nell'animo umano e la poesia diventa il veicolo per esprimere il sentimento.
L'utilizzo del waka si realizzava essenzialmente attraverso due canali: la poesia sul byobu (byobuuta) e la gara di poesia (utaawase).
Kokin waka shū
Il Kokin Wakashū o abbreviato Kokinshū viene tradotto con "Raccolta di poesie giapponesi antiche e moderne", ed è la seconda raccolta di poesie giapponese pervenutaci successiva al Manyoshu e la prima delle ventuno antologie imperiali della poesia classica giapponese. Si suppone fu compilata all'inizio del X secolo, nel Periodo Heian. Raccoglie 1100 poesie divise in venti libri. La prima edizione fu curata da Fujiwara no Teika (1114-1204). In recenti edizioni sono state aggiunte le undici liriche cancellate (sumikechiuta) che si suppone appartennero alla mano del padre, Teika. La forma tornata in auge e perfezionata in questa raccolta è il Waka, tuttavia sono presenti anche alcuni Choka e Tanka.
Figure retoriche
Il mirabile utilizzo delle figure retoriche nell'opera è cospicuo, elenchiamone alcune:
Makurakotoba, o “parola – cuscino”, è una specie di epiteto, in genere di cinque sillabe, che introduce determinati termini o locuzioni. In origine probabilmente una formula magico-rituale, che aveva a che fare con la credenza sul potere della parola, si è poi trasformato in artificio retorico.
Jokotoba , o semplicemente jo (“introduzione”), ha funzione, analogamente a makurakotoba, di introdurre le espressioni principali. Mentre il makurakotoba è una formula fissa, il jo viene creato liberamente sia nel contenuto sia nella lunghezza che può superare le cinque sillabe.
Kakekotoba , è una parola dal doppio significato. A causa della semplicità del sistema fonetico, la lingua giapponese è ricca di parole omofone di cui il kakekotoba si avvale per ampliare la carica dell’espressione poetica.
Engo , si tratta di parole correlate semanticamente fra loro, inserite nella poesia anche con l’uso del kakekotoba.
Mitate , sovrapposizione di due immagini visive, consiste nell’afferrare un oggetto o fenomeno come un altro.
Honkadori , procedimento compositivo che prevede la creazione di una nuova lirica utilizzando parole di una poesia precedente, secondo il principio del conferire al componimento suggestioni ed echi appartenenti a riconosciuti capolavori del passato, visti come modelli da cui trarre materia ed ispirazione.
Utamakura , il termine è in riferimento alle località celebri (meisho) citate nei versi con particolari connotazioni, associate a determinate immagini atte ad evocare situazioni poetiche, emotive, stagionali, via via elaborate e consolidate, dunque rese “codificate”, dai precedenti lirici.
Esempi di poesie:
Yuki no uchi ni
haru wa kinikeri
uguisu no
koreru namida
ima ya tokuramu
Fra la neve che fiocca
ecco, è arrivata la primavera.
Dell'usignolo
le lacrime gelate
Ora si staranno sciogliendo.
(Fujiwara no Takaiko)
Kurenai no
furiidetsutsu naku
namida ni wa
tamoto nomi koso
iro masarikere
Le lacrime che mi sgorgano
dal cuore sanguinante,
come tinta cremisi,
impregnano soltanto le mie maniche
di un colore sempre più intenso.
(Ki no Tsurayuki)
Oritsureba
sode koso nioe
ume no hana
ari to ya koko ni
uguisu no naku
Ho appena colto un ramo;
così le mie maniche profumano
del fiore di susino
ma ecco che, forse da questa fragranza
ingannato, canta l'usignolo.
sode koso nioe
ume no hana
ari to ya koko ni
uguisu no naku
Ho appena colto un ramo;
così le mie maniche profumano
del fiore di susino
ma ecco che, forse da questa fragranza
ingannato, canta l'usignolo.
Anonimo, Kokinshū I-32. Susino giapponese (ume)
Hototogisu
haku o no ue no
unohana no
uki koto are ya
kimi ga kimasanu
Canta un cuculo
sulla vetta di una montagna,
ove sboccia mesto il fiore di deutzia.
Provi, forse, rancore verso di me,
amor mio che non ti degni di visitarmi?
Owarida no ason hiromimi, Man'yōshū VIII-1501. Deutsia scabra (unohana)
Tanka
Il tanka ( letteralmente "poesia breve") è un componimento poetico d'origine giapponese di 31 morae. Nato nel V secolo d.C., grazie alla sua versatilità e alla pratica ininterrotta, non ha subito variazioni nel corso dei sedici secoli della sua storia. A partire soprattutto dal XVII secolo, i primi tre versi iniziarono ad essere usati come una poesia a sé, dando così vita all'Haiku.
Struttura
È formato da 5 versi di 5 e 7 sillabe così disposti: 5, 7, 5, / 7, 7. È diviso in due parti: i primi tre versi formano il kami no ku (strofa superiore), gli ultimi due lo shimo no ku (strofa inferiore); le due parti devono produrre un effetto contrastante.
Il tanka, come l'haiku, è molto diffuso e praticato in Giappone sia da letterati, sia da gente comune; qui, infatti, ancora adesso l'Imperatore indice annualmente una competizione per il miglior tanka dell'anno, fornendo il tema a cui attenersi. Il genere del tanka è stato praticato anche da autori occidentali, come ad esempio Borges, Jacques Roubaud and Nicolas Grenier.
Haiku
L'haiku è un componimento poetico, composto da tre versi caratterizzati da 5 , 7 e ancora 5 sillabe.
L'haiku fu creato in Giappone nel XVII secolo, ma deriva dal tanka, componimento poetico di 17 sillabe che risale già al V secolo. La numerazione dei versi dipende dal contenuto dell'haiku, purché sia sempre di 17 sillabe.
L'haiku è una poesia dai toni semplici, senza alcun titolo, che elimina fronzoli lessicali e congiunzioni, traendo la sua forza dalle suggestioni della natura e delle stagioni: per via dell'estrema brevità la composizione richiede una grande sintesi di pensiero e d'immagine. Soggetto dell'haiku sono scene rapide ed intense che rappresentano appunto, in genere, la natura e le emozioni che esse lasciano nell'animo dell'haijin (il poeta). L'ultimo verso è, tradizionalmente, il cosiddetto riferimento stagionale (kigo), cioè un accenno alla stagione che definisce il momento dell'anno in cui viene composta o al quale è dedicata.
La mancanza di nessi evidenti tra i versi lascia spazio ad un vuoto ricco di suggestioni, quasi come una traccia che sta al lettore completare.
In Giappone si calcola che più di dieci milioni di persone (circa il 10% della popolazione) si dilettino a scrivere haiku. I gruppi di poeti che si riuniscono per parlare di haiku si chiamano haijin. Pressoché ogni giornale nipponico ha una sezione riservata agli haiku.
Tra i maggiori poeti di haiku si ricordano Matsuo Basho, Yosa Buson, Kobayashi Issa, Masaoka Shiki, Chiyo.
Esempi di haiku:
furu ike ya
kawazu tobikomu
mizu no oto
Nel vecchio stagno
una rana si tuffa.
Rumore d'acqua.
una rana si tuffa.
Rumore d'acqua.
Matsuo Basho
Kutaburete
yado karu koro ya
fuji no hana
Stanco:
entrando in una locanda
fiori di glicine.
entrando in una locanda
fiori di glicine.
Matsuo Basho
shiraume no
kareki ni modoru
tsukiyo kana
Il pruno bianco
ritorna secco.
Notte di luna.
ritorna secco.
Notte di luna.
Yosa Buson
kite mireba
yūbe no sakura
mi to narinu
Tornando a vederli
i fiori di ciliegio, la sera,
son divenuti frutti.
i fiori di ciliegio, la sera,
son divenuti frutti.
Yosa Buson