Storia del Giappone Periodo Showa 1927-1945

In questa pagina vengono descritti uomini e avvenimenti importanti del periodo Showa (1927-1945).
In ordine storico:
·      Tora! Tora! Tora! - L’attacco giapponese a Pearl Harbor 1941
·       Bombardamenti nucleari su Hiroshima e Nagasaki 1945

·       Hiroo Onoda - L’ultimo soldato fantasma giapponese 1974

Tora Tora Tora!

Ore 7.55 del 7 dicembre 1941: sulla base navale americana di Pearl Harbor iniziano a piovere bombe dal cielo, lanciate dagli aerei giapponesi, che distruggeranno quasi completamente la flotta americana e causeranno l'entrata in guerra degli Stati Uniti. L'attacco proditorio conclude una lunga "guerra fredda" tra Giappone e Stati Uniti, aprendo nel Pacifico un nuovo vasto teatro di azioni militari che si affianca a quello già attivo in Europa.
Espansione massima del Giappone
durante la Seconda Guerra Mondiale
 L'impero del Sol Levante aveva bisogno di espandersi, per far fronte alla crisi economica affermatasi dopo quattro anni di guerra con la Cina che avevano dissanguato il Paese: la miseria è diffusa, molti prodotti di essenziale necessità sono razionati e l'industria tessile, motore dell'economia giapponese, lavora circa al 40% delle proprie possibilità. Per far fronte a questi problemi, l'esercito sostiene la tesi di un fulmineo colpo di mano contro il Sud-Est asiatico, al fine di arricchirsi con prodotti del suo mercato, come riso, petrolio, stagno, zucchero, tabacco. Così, contemporaneamente all'attacco tedesco alla Francia, il Giappone decide di occupare l'Indocina francese che, nel luglio del 1941 entrerà a far parte di quella sfera nipponica di circolo di interessi commerciali denominato Coprosperità della Grande Asia Orientale. L'impero giapponese assicurava agli Stati Uniti che la progressiva espansione nel Sud-Est dell'Asia sarebbe stata pacifica, ma il presidente americano Franklin Delano Roosevelt, grazie a un sistema chiamato Magic della Marina statunitense, che riusciva a decifrare i codici segreti dei Giapponesi, sapeva con certezza che le intenzioni del Giappone erano tutt'altro che pacifiche. La Marina nipponica si preparava a sferrare un attacco fulmineo che doveva vibrare un colpo mortale agli Stati Uniti.
Il Presidente Americano
Franklin Delano Roosvelt
Negli Stati Uniti, invece, regnava un clima di totale isolazionismo e rifiuto della guerra tra la popolazione, che si scontrava con la convinzione di Roosevelt che il paese sarebbe dovuto scendere nello scontro al fianco della Gran Bretagna finché questa fosse rimasta nella lotta, per evitare di trovarsi in seguito a combattere solo per difendere la democrazia in un mondo divenuto nazista. Roosevelt sapeva che per convincere il paese, che rifiutava la guerra per  la debolezza e impreparazione delle forze armate, e per riuscire a ottenere uno stato che, ottenendo l'unione interna più completa, appoggiasse lo sforzo militare, era necessario un avvenimento a carattere di cataclisma  che portasse il Congresso a formulare una dichiarazione di guerra, anche se non vi era la sicurezza che la nazione avrebbe risposto con uno slancio unanime all'entrata nel conflitto. Era indispensabile che una delle potenze dell'Asse desse inizio al combattimento, sferrando un attacco drammatico che avrebbe sconvolto la popolazione e la avrebbe convinta definitivamente della necessità di partecipare al conflitto.
A Washington il colonnello William S. Friedmann e il suo gruppo di decrittatori potevano decifrare in tempo utile i codici diplomatici giapponesi ed erano quindi coscienti della preparazione all'attacco giapponese a Pearl Harbor. Non si riesce a capire, perciò, il motivo per cui la flotta dell'isola del Pacifico non fosse stata avvertita dell'imminenza dell'attacco.

L'operazione militare di Pearl Harbor fu ideata dall'ammiraglio Isoroku Yamamoto e prevedeva una strategia semplice ma estremamente brutale: distruggere completamente la base avversaria tramite azioni rapide, ottenendo la supremazia nei cieli grazie alle portaerei. Se l'attacco fosse andato a buon fine, il Giappone avrebbe creato una barriera difensiva con altre isole del Pacifico che neanche gli Stati Uniti al massimo della loro potenza avrebbero potuto valicare concedendo ai giapponesi il permesso di tenere sotto il loro possesso molti tra i territori occupati durante la seconda guerra mondiale.
L’ammiraglio Yamamoto per sviluppare il suo progetto ordinò a un ristretto gruppo di stato maggiore di studiare un attacco di sorpresa contro Pearl Harbor perché sapeva che solo un colpo schiacciante assestato alla principale formazione navale avversaria avrebbe garantito al Giappone una facile conquista dei suoi obiettivi nell’Asia sud-orientale.
Nel mese d’agosto del '41 la base dell’ordine dell’attacco fu fornita da alcune operazioni militari sotto la guida di Yamamoto, il quale aveva anche convinto i suoi colleghi al proprio progetto, poiché alcuni di essi lo trovavano rischioso e gli rimproveravano di indebolire eccessivamente il corpo di spedizione destinato al Sud-Est asiatico, ma soprattutto aveva sottoposto i suoi equipaggi di volo a delle esercitazioni intense.

Così agli ordini dell’ammiraglio di squadra Chuichi Nagumo vi erano :
  • Il gruppo di assalto, formato da sei portaerei: Kaga, Akagi, Hiryu, Soryu, Zuikaku e Shokaku con a bordo complessivamente 450 apparecchi al comando dello stesso Nagumo;
  • Il gruppo di appoggio, composto da due incrociatori da battaglia: Hiei e Kirishima, due corazzate e due incrociatori pesanti agli ordini dell’ammiraglio Mikava;
  • Il gruppo esplorante dell’ammiraglio Omori, con un incrociatore leggero, nove cacciatorpediniere e 28 sommergibili;
  • Otto petroliere incaricate di rifornire la squadra in navigazione.

Foto aerea nella quale sono riportate
le posizioni delle navi da guerra Statunitensi
prima dell'attaco
L’attacco sarebbe stato sferrato all’alba del 7 dicembre nel caso in cui il Giappone si fosse deciso per la guerra perché di domenica la flotta americana si trovava normalmente alla fonda; inoltre, come dichiarava ai suoi comandanti di unità l’ammiraglio Ugaki, capo di stato maggiore della formazione navale, l’attacco di Pearl Harbor sarebbe stato la Waterloo della guerra che sarebbe seguita. L’effetto dell’attacco aereo sarebbe stato raddoppiato dalla azione dei sommergibili nani trasportati in prossimità dell’isola Oahu nel Pacifico da sommergibili di grande crociera.
Il 10 Novembre, in previsione dell’attacco di sorpresa, la "forza speciale" giapponese si muove dalle grandi basi di Kure e Hiroshima: le navi, isolatamente o in coppia, con rotte variate e differenti per non allarmare lo spionaggio, risalgono il Nord verso l’Arcipelago delle Curili, già coperto di neve e spazzato dai gelidi venti artici.
Il 22 Novembre la potentissima flotta giapponese è concentrata nella baia deserta di Hitokappa, nell'isola di Etorofu, la più meridionale delle Curili, in attesa di salpare.

La mattina del 26 le navi partono in direzione di Levante e, affrontando  zone di maltempo, ma di scarso traffico commerciale che dovevano evitare loro cattivi incontri, puntano da nord su Pearl Harbor, in attesa del messaggio in codice che indicava che le trattative diplomatiche con gli Stati Uniti erano state rotte e aveva prevalso l'alternativa dell'attacco immediato e fulmineo: "Niitaka Yama Nobora" che tradotto letteralmente voleva significare: "Scalate il monte Niitaka". Attraverso tempeste, nebbie e venti gelidi, le truppe avanzano verso l'obiettivo, con una marcia lenta ed estenuante in mezzo all'oceano.
Il ponte di volo della portaerei Akagi
Il lunedì 1 dicembre alle ore 13, la radio della portaerei Akagi capta le quattro parole attese che mettono in moto la macchina bellica giapponese e il 2 l'ammiraglio Nagumo rivela agli equipaggi lo scopo del viaggio. Il 4, grazie a una spia che operava a Honolulu, il dentista giapponese Motokazu Mori, Nagumo apprende che a Pearl Harbor non erano stati ancora montati i congegni antisiluro ricevuti recentemente dagli Stati Uniti e quindi l'attacco risultava agevolato. Il comandante delle operazioni aeree, capitano di vascello Fuchida, è avvertito che, arrivato con i suoi stormi sulla rada nemica, dovrà darne l'annunci ripetendo tre volte la parola "Tora", cioè "tigre"; il 6 dicembre, a notte fatta, la flotta salpò definitivamente contro il suo obiettivo e, dato che gli americani ascoltavano alla radio programmi ricreativi, vi era la consapevolezza che essi non sospettassero nulla.
A6M2 Zero giapponesi sul ponte
dell'Akagi si apprestano a decollare
A Washington ormai nessuno sperava più nella pace e la decifrazione dei codici giapponesi permetteva di seguire momento per momento gli eventi che precipitavano verso la guerra, specie dopo che il segretario di stato, Hull, aveva posto ai giapponesi condizioni praticamente inaccettabili: rottura del patto tripartito con Germania e Italia, evacuazione  della Cina e dell'Indocina, riconoscimento di Chang Kai-shek. Tuttavia nessuno sembrava intuire l'eventualità di un attacco.


La rada di Pearl Harbor in una foto aerea
A Pearl Harbor era ancora in vigore il servizio di pace e non vi erano timori, infatti la base era considerata come la sola ragionevolmente equipaggiata, dato che disponeva per la sua difesa di nove corazzate, tre portaerei,  dodici incrociatori pesanti e nove leggeri, 27 sommergibili, due divisioni di fanteria che comprendevano circa 43mila uomini, 1107 pezzi contraerei terrestri imbarcati e 227 aerei, di cui 152 da caccia. Così quando i piloti giapponesi  vennero avvistati, l'ufficiale di guardia, tenente Kermit Tyler rispose che non vi doveva essere preoccupazione.
Intorno alle 7.50 del 7 Dicembre, venne lanciata la prima bomba dai 183 aerei inviati da Nagumo e il capitano Fuchida lancia per radio il messaggio "Tora, Tora, Tora" e tutti i piloti si concentrarono nell'attacco a sette corazzate ancorate al centro della rada di Pearl Harbor, che erano state scelte come primo obiettivo: i primi cinque siluri colpirono in pieno la prua e la poppa dell'Oklahoma sulla quale saltarono impianto elettrico e si bloccarono i cannoni; lo scafo si squarciò in tre parti e in breve tempo la corazzata affondò. La seconda ad essere affondata fu la California che fu colta in pieno prima da due siluri e poi da una bomba da 250 chili che distrusse la corazzata con una tremenda esplosione, facendola rovesciare sul fondo melmoso del porto. Gli aerei nipponici si scagliarono poi contro l'Arizona, che venne poi subito centrata da un siluro sotto poppa e colpita da una bomba sulla coperta. E' poi la volta della West Virginia, demolita con tre siluri, della Tennessee, raggiunta da due bombe perforanti sulla tolda e, infine, della Pennysilvania, la nave ammiraglia della flotta sul Pacifico, la quale, pur essendo protetta da due cacciatorpediniere e ricoverata in bacino, fu raggiunta da una bomba e devastata da un incendio; altre due bombe aprirono poi spaventose falle nel ponte della Maryland.


Il ponte della USS Nevada dopo l'attacco Nipponico
La Nevada, che tentava di prendere il mare, fu colpita da un siluro e da tre bombe, rischiando di colare a picco e di ostruire l'imbocco della rada. Intorno stavano esplodendo, bruciando e affondando cacciatorpediniere, incrociatori e navi ausiliarie, ricoprendo tutta l'isola di un fumo denso e nero. Affondate in poco tempo le navi, si passò immediatamente alla seconda ondata di bombardamento, diretta sugli impianti a terra della base. Vennero rasi al suolo gli impianti dell'isola Ford, le basi aeree di Wheeler e di Hickam Field e l'idroscalo di Kanehoem, vennero mitragliati e spezzonati i depositi di munizioni, i baraccamenti e le caserme e in totale furono distrutti 65 dei 231 apparecchi che si trovavano a Oahu. L'attacco dei sommergibili nani fu invece un completo insuccesso e un sommergibile trasportatore fu distrutto da un aereo americano; inoltre i giapponesi avevano trascurato l'attacco al deposito di carburante americano che, se distrutto, avrebbe causato l'immobilità delle truppe statunitensi.
Alle 8.40 il primo attacco nipponico termina e il primo gruppo si ritira con il messaggio di Fuchida a Nagumo che attribuiva il successo alla missione e dava il via libera al secondo attacco destinato a completare l'opera di distruzione.

La corazzata USS Arizona 

Il bilancio delle operazioni, dopo due ore di continui attacchi, era impressionante: delle 96 navi americane alla fonda nella base, 18 erano fuori combattimento, cinque risultavano distrutte (le corazzate Arizona e Oklahoma, i cacciatorpediniere Cassin e Downes, la nave-bersaglio Utah), quattro arenate o colate a picco anche se in seguito verranno recuperate (le corazzate West VirginiaCalifornia e Nevada, il posamine Oglala); nove gravemente danneggiate
I cacciatorpediniere Cassin e Downes
(le corazzate TennesseeMaryland e Pennsylvania, gli incrociatori HelenaHonolulu e Raleigh, il cacciatorpediniere Shaw, le navi ausiliarie Curtis e Vestal). Sui campi di aviazione di Oahu erano stati distrutti 188 aerei americani e altri 159 danneggiati; le perdite umane ammontano a 2403 morti americani (2008 della Marina, 109 dei marines, 218 dell'esercito, 68 civili) e 1178 feriti. Secondo i calcoli di Tokyo i giapponesi avevano perduto 29 aerei, tra cui 9 caccia, 15 bombardieri e 5 aerosiluranti, un grande sommergibile e tutti e cinque i sottomarini tascabili. I morti da parte nipponica erano 64, di cui 55 aviatori. Non si seppe mai quanti fossero stati i marinai a bordo del grande sommergibile.


L'Ammiraglio Nagumo
Alle 5.05 (ora in Giappone), l'ammiraglio Nagumo conferma alle supreme autorità militari nipponiche il "kishu-seiko", il successo dell'attacco di sorpresa. Sette ore più tardi il Mikado appone il sigillo imperiale al rescritto che proclama lo stato di guerra con l'America.
Quando alle 14.30 arriva a New York la notizia tramite la radio dell'attacco del Giappone alla flotta americana nel Pacifico, si leva un'incredulità generale e Roosevelt, venuto a sapere dell'attacco dal segretario Knox che aveva ricevuto un messaggio da Honolulu dal comandante in carica delle forze, viene subito a colloquio con Winston Churchill il quale gli  augura buona fortuna. In seguito il presidente americano scrive su un quadernetto nero un discorso di cinquecento parole che pronuncia alle 12.29 alla tribuna, in sei minuti, incominciando con queste parole: "Ieri, 7 Dicembre, data che resterà simbolo di infamia, gli Stati Uniti d'America sono stati improvvisamente e deliberatamente attaccati da forze aeree e navali dell'impero giapponese...". Il breve discorso elimina ogni dubbio all'incredulo popolo americano che, il pomeriggio precedente, aveva stentato a credere agli annunciatori della radio e della stampa.

Ad attacco concluso a Washington vi fu un'inchiesta parlamentare nella quale, oltre alle inchieste militare, "il mistero di Pearl Harbor", o meglio il mistero della sorpresa di Pearl Harbor, fu oggetto di un'inchiesta parlamentare i cui verbali, pubblicati nel 1946, constavano di ben 39 fascicoli della serie intitolata Sedute del Congresso. Infatti nessuno riuscì mai a capire il vero motivo per cui le supreme autorità americane non avessero messo al corrente la flotta di Pearl Harbor dell'attacco del Giappone, pur conoscendone le vere intenzioni. Anche se questo mistero non è stato tuttora svelato, resta il fatto che l'attacco di Pearl Harbor segnò una svolta fondamentale nella seconda guerra mondiale, perché provocò l'entrata in guerra di una potenza, Gli Stati Uniti, che mutò profondamente l'esito finale del conflitto.


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Bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki

Premesse storiche
I bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki in Giappone furono due attacchi nucleari operati sul finire della Seconda guerra mondiale.
Il mattino del 6 agosto 1945 alle 8:15, l'aeronautica militare statunitense sganciò la bomba atomica "Little Boy" sulla città giapponesi di Hiroshima, seguita tre giorni dopo dal lancio dell'ordigno "Fat Man" su Nagasaki. Il numero di vittime dirette è stimato da 100 000 a 200 000, quasi esclusivamente civili. Per la gravità dei danni diretti ed indiretti causati dagli ordigni, per le implicazioni etiche comportate dall'utilizzo di un'arma di distruzione di massa e per il fatto che si è trattato del primo e unico utilizzo in guerra di tali armi, i due attacchi atomici vengono considerati gli episodi bellici più significativi dell'intera storia dell'umanità. 
Fungo atomico su Hiroshima

Il ruolo dei bombardamenti nella resa dell'Impero Giapponese, così come gli effetti e le giustificazioni, sono stati oggetto di innumerevoli dibattiti. Negli Stati Uniti prevale la posizione secondo cui i bombardamenti atomici sarebbero potuti servire ad accorciare la Seconda guerra mondiale di parecchi mesi, risparmiando le vite dei soldati (sia alleati sia giapponesi) e dei civili, destinati a perire nelle operazioni di terra e d'aria nella prevista invasione del Giappone. In Giappone, l'opinione pubblica, invece, tende a sostenere come i bombardamenti siano crimini di guerra perpetrati per accelerare il processo di resa del governo militare giapponese.
Altri sostengono che essi non potessero essere giustificati solo da una vittoria sul fronte giapponese ormai vicino alla resa ma che fossero una dimostrazione di potenza verso quello che si profilava come il nuovo nemico, ovvero l'URSS che preparava l'invasione all'arcipelago nipponico proprio nei giorni successivi al bombardamento. Altri ancora aggiungono alle motivazioni quella di testare la potenza dell'ordigno costato miliardi di dollari su una città, e ciò spiegherebbe i due bombardamenti in cui si usarono le due tipologie di bomba prodotte. Universalmente condivisa è comunque la presa di coscienza della gravità dell'evento, che non è più stato replicato. 
Sala della Prefettura per la promozione industriale a Hiroshima

Gli Stati Uniti, erano già riusciti a costruire e provare una bomba atomica nel corso del Progetto Manhattan. Il primo test nucleare, nome in codice "Trinity", si svolse il 16 luglio 1945 nel Nuovo Messico. Una bomba di prova, denominata "The Gadget" fu fatta esplodere con successo. I lanci su Hiroshima e Nagasaki, quindi, furono la seconda e terza detonazione della storia delle armi nucleari.

Il bombardamento sulle due città del Giappone, comunque, non fu la prima volta in cui gli Alleati bombardarono città delle potenze dell’asse, né la prima volta in cui tali bombardamenti causarono numerose perdite civili. In Germania, per esempio, il bombardamento di Dresda causò la morte di 35 000 persone e la distruzione di una delle maggiori città d'arte tedesche. L'Italia subì pesanti bombardamenti a Roma per esempio fu colpito il Quartiere S.Lorenzo, con oltre 3 000 morti in una sola notte. Il bombardamento di Tokyo del marzo del 1945 causò più di 100 000 vittime e danni enormi in termini urbani ed architettonici.

In più di tre anni di guerra sul fronte del pacifico, gli Stati Uniti avevano perso 400 000 uomini, tra morti, feriti e dispersi, nella sola battaglia di Okinawa 70 000 soldati americani erano morti, ma la conquista dell’isola aveva offerto una base ideale per la conquista del Giappone. I comandi Alleati, che temevano perdite 3-4 volte superiori, dato l'acceso patriottismo dei soldati giapponesi, crescente a mano a mano che arretravano verso la madrepatria.
Il presidente degli Stati Uniti H.Truman, che venne a conoscenza dell'esistenza del Progetto Manhattan, decise di utilizzare la nuova bomba sul Giappone. Nelle sue intenzioni dichiarate, il bombardamento doveva determinare una risoluzione rapida della guerra, infliggendo una distruzione totale e infondendo quindi nel governo giapponese il timore di ulteriore distruzione: questo sarebbe stato sufficiente per determinare la resa dell'Impero giapponese.
Il 26 luglio 1945 Truman e gli altri capi di Stato Alleati stabilirono, nella Dichiarazione di Potsdam, i termini per la resa giapponese. Il giorno seguente, i giornali giapponesi riportarono la dichiarazione, il cui testo venne diffuso anche radiofonicamente in tutto l'impero del Sol Levante, ma il governo militare la respinse. Il segreto della bomba atomica era ancora custodito, e la sua esistenza non venne minimamente accennata nella dichiarazione.

La decisione
Nel corso di una riunione tenutasi negli Stati Uniti a maggio 1945, vennero suggeriti, come obiettivi, le città di Notolini, Hiroshima,Yokohama, Kokura e Nagasaki oppure gli arsenali militari. Nel corso della riunione si decise di non utilizzare la bomba atomica esclusivamente su un obiettivo militare, per evitare di mancare l'obiettivo, e quindi "sprecare" la bomba. Nella decisione finale, difatti, dovevano essere tenuti in maggior conto gli effetti psicologici che l'utilizzo della bomba atomica doveva avere sul governo giapponese. Inoltre era opinione diffusa che la nuova bomba dovesse avere un effetto sufficientemente spettacolare affinché fosse riconosciuta a livello mondiale. Alla fine la scelta cadde su Kyōto, noto centro intellettuale giapponese che proprio per questo dopo fu risparmiata e sostituita con Kokura, Nagasaki e Hiroshima, che ospitava un importante deposito dell'esercito.

Hiroshima durante la seconda guerra mondiale
Nel 1945 Hiroshima era una città di grande importanza militare e industriale, e nei suoi pressi erano presenti alcune basi militari, come il quartier generale della Quinta Divisione e quello del Maresciallo Shunroku Hata, secondo quartier generale dell'esercito a cui faceva capo l'intero sistema difensivo del Giappone meridionale. Hiroshima era una base minore, dedita al rifornimento e all'appoggio per le forze armate. La città era soprattutto un centro per le comunicazioni, per lo stoccaggio delle merci e un punto di smistamento delle truppe: per questo fu deliberatamente tenuta fuori dalle rotte dei bombardieri, proprio per permettere lo studio degli effetti di una bomba atomica in un ambiente ideale.
La priorità per lo sgancio della bomba fu infine data proprio a Hiroshima dopo la segnalazione che essa era l'unico tra gli obiettivi che non avesse al suo interno e nei dintorni campi per i prigionieri di guerra. Il centro della città ospitava una grande quantità di edifici di cemento armato e alcune strutture più leggere. In periferia l'area era congestionata da una miriade di piccole strutture di legno, usate come locali da lavoro, posizionate tra una casa e l'altra. Alcuni stabilimenti industriali si estendevano non lontano dal limite periferico della città. Le case erano di legno, con soffitti leggeri, e molti edifici industriali avevano a loro volta pareti a incastro di legno.
La città nella sua interezza era potenzialmente ad altissimo rischio d'incendio. La popolazione di Hiroshima aveva raggiunto un picco di 381 000 unità prima della guerra, ma prima del bombardamento atomico la popolazione era rapidamente diminuita a causa di un'evacuazione generale ordinata dal governo giapponese, tanto che il 6 agosto si contavano circa 255 000 abitanti. Si calcola questa cifra sulla base dei dati mantenuti per l'approvvigionamento della popolazione (che era razionato) e le stime sugli operai e sui soldati presenti in città al momento del bombardamento sono, di fatto, molto poco accurate.

Il bombardamento atomico su
Hiroshima - 6 Agosto 1945

La scelta della data del 6 agosto si basò sul fatto che nei giorni precedenti diverse nubi stratificate coprivano la città, mentre il giorno dell'attacco il tempo era variabile. Tutti i dettagli, la pianificazione precisa, della tabella di volo, la bomba a gravità, l'armamento della bomba con i suoi 60 Kg di Uranio 235, vennero studiati nei minimi particolari e tutto si svolse così come era stato stabilito a tavolino.
Little Boy

Circa un'ora prima del bombardamento, la rete radar giapponese lanciò un allarme immediato, rilevando l'avvicinamento, la stazione radar di Hiroshima stabilì che il numero di velivoli entrati nello spazio aereo giapponese era basso, probabilmente non più di tre, perciò l'allarme aereo venne ridimensionato (il comando militare giapponese infatti aveva deciso, per risparmiare il carburante, di non far alzare in volo i propri aerei per le formazioni aeree americane di piccole dimensioni). I tre aeroplani americani erano i bombardieri Enola Gay, The Great artiste e un altro aereo, in seguito chiamato Necessary Evil, cioè "Male necessario" (l'unica funzione di questo aereo fu quello di documentare, attraverso una serie di fotografie, gli effetti dell'impiego dell'arma atomica).
B-29 Enola Gay

Alle 08:14 e 45 secondi, l'Enola Gay sganciò "Little Boy" sul centro di Hiroshima, il sensore altimetrico era tarato per effettuare lo scoppio alla quota di 600 metri dal suolo, dopo 43 secondi di caduta libera. Immediatamente dopo lo sgancio, l'aereo fece una inversione di 178°, prendendo velocità con una picchiata di circa 500 metri e perdendo quota, allontanandosi alla massima velocità possibile data dai 4 motori a elica. L'esplosione si verificò a 580 m dal suolo, con uno scoppio equivalente a 13 chilotoni, uccidendo sul colpo tra le 70 000 e le 80 000 persone. Circa il 90% degli edifici venne completamente raso al suolo e tutti e 51 i templi della città vennero completamente distrutti dalla forza dell'esplosione.

Reazione giapponese al bombardamento
L'operatore di controllo di Tokyo della Società Radiotelevisa Giapponese si rese conto che la stazione di Hiroshima non era più in onda; tentò di ristabilire il programma usando un'altra linea telefonica, ma anche questo tentativo fallì. Circa venti minuti più tardi il centro telegrafico ferroviario di Tokyo si accorse che la linea telegrafica principale aveva smesso di funzionare subito a nord di Hiroshima. Da alcune piccole fermate ferroviarie entro 16 Km dalla città giunsero notizie ufficiose e confuse di una terribile esplosione ad Hiroshima. Tutte queste notizie furono trasmesse ai quartier generali del Comando generale giapponese.
Le basi militari cercarono ripetutamente di mettersi in contatto con la Stazione di Controllo dell'Esercito di Hiroshima. L'assoluto silenzio da quella città sconcertò gli uomini dei quartier generali; sapevano che non c'era stata nessuna potente incursione nemica e che ad Hiroshima al momento non c'era nessun ragguardevole deposito di esplosivi. Un giovane ufficiale del Comando generale giapponese fu incaricato di volare immediatamente ad Hiroshima, atterrare, rilevare i danni e quindi tornare a Tokyo con informazioni attendibili per il comando. Nei quartier generali c'era la sensazione diffusa che non fosse accaduto nulla di serio, che si stesse esagerando la portata di un problema di dimensioni limitate.
L'ufficiale del comando andò all'aeroporto e decollò in direzione sud-ovest. Dopo circa tre ore di volo, quando mancavano ancora circa 160 Km ad Hiroshima, l'ufficiale e il suo copilota videro una grande nuvola di fumo provocata dalla bomba. Nel chiaro pomeriggio, stavano bruciando le macerie di Hiroshima. Il loro aereo raggiunse presto la città, attorno alla quale volavano increduli. Una grande cicatrice sul terreno ancora ardente e coperta da una spessa nuvola di fumo era tutto ciò che era rimasto. Atterrarono a sud della città e l'ufficiale del comando, dopo aver comunicato con Tokyo, cominciò immediatamente ad organizzare le operazioni di soccorso.
Nella capitale nipponica, le prime informazioni di ciò che aveva realmente causato il disastro vennero dall'annuncio pubblico della Casa Bianca a Washington, sedici ore dopo l'attacco nucleare ad Hiroshima. L'avvelenamento da radiazione e le necrosi provocarono malattie e morti successive al bombardamento per circa il 20% di coloro che erano sopravvissuti all'esplosione iniziale. Alla fine del 1945, ulteriori migliaia di persone morirono per via dell'avvelenamento da radiazioni, portando il totale di persone uccise ad Hiroshima nel 1945 a circa 200 000. Da allora molte migliaia di persone morirono per cause legate alle radiazioni: questa cifra include tutti coloro che si trovavano in città al momento dell'esplosione o che furono successivamente esposti al Fallout ed erano morti prima di tale censimento.

Sopravvivenza di alcune strutture
Alcuni degli edifici in cemento armato ad Hiroshima erano costruiti in modo molto resistente per via del pericolo di terremoto in Giappone e le ossature di questi edifici non crollarono, sebbene si trovassero molto vicino al centro della zona danneggiata della città. Al momento della detonazione in aria della bomba atomica, l'esplosione si riversò verso il basso più che lateralmente, il che favorì maggiormente la sopravvivenza della Sala della Prefettura per la Promozione Industriale, ora comunemente conosciuta come Genbaku, o Cupola della bomba-A, progettata e realizzata dall'architetto Ceco, Jan Letzel, che si trovava a pochi metri da Ground Zero (le sue rovine furono chiamate Monumento della pace di Hiroshima e vennero rese un sito Patrimonio dell’Umanità dell'Unesco nel 1996, nonostante le obiezioni degli Stati Uniti e della Cina. 
Genbaku a Hiroshima

Cenotafio a Hiroshima
Eventi del 6-9 agosto
Dopo il bombardamento di Hiroshima il Presidente H.Truman annunciò: «Se non accettano adesso le nostre condizioni, si possono aspettare una pioggia di distruzione dall'alto, come mai se ne sono viste su questa terra». L'8 agosto furono lanciati volantini e furono dati avvertimenti al Giappone da Radio Saipan (la zona di Nagasaki non ricevette volantini di avvertimento fino al 10 agosto, nonostante questa campagna informativa continuasse dall'inizio del mese).
Il 7 agosto Yoshio Nishina (che sarebbe poi morto di cancro nel 1951) e altri fisici atomici furono mandati a Hiroshima a constatare i danni ed effettivamente testimoniarono che la città era stata distrutta dal bombardamento nucleare; tuttavia, l'esercito giapponese, tra cui l'ammiraglio Soemu Toyoda, stimò che non più di una o due bombe supplementari potevano essere sganciate, concludendo che dopo "ci sarebbe più distruzione, ma la guerra potrebbe andare avanti".
La pianificazione per il secondo attacco venne stabilita dal colonnello Tibbets, in qualità di comandante del 509° Gruppo bombardieri di base a Tinian: inizialmente previsto per l'11 agosto contro Kokura, l'attacco venne anticipato di due giorni su Nagasaki per le pessime condizioni meteorologiche previste dopo il 10 agosto.

Premesse Storiche
Le motivazioni che hanno portato gli stati uniti a colpire con un secondo ordigno nucleare il Giappone sono esposte nella Parte 1.
 
(Fungo atomico su Nagasaki)

Nagasaki durante la seconda guerra mondiale
La città di Nagasaki era uno dei maggiori porti del Giappone meridionale, di grande importanza bellica a causa delle sue diversificate attività industriali, che spaziavano nella produzione di munizioni, navi, equipaggiamenti militari e altri materiali bellici. Contrariamente alla Nagasaki moderna, all'epoca la gran parte delle abitazioni era costruita con una struttura in legno, o addirittura interamente in legno, e con i tetti in mattonelle.
Molte delle piccole industrie e dei vari stabilimenti ospitavano nelle vicinanze alloggi in legno per gli operai, quindi facilmente infiammabili, e ovviamente non in grado di sostenere l'esplosione di bombe, men che meno nucleari. La città inoltre si era sviluppata senza piano regolatore, come consuetudine del modello urbano nipponico, cosicché le case molto spesso erano adiacenti ai fabbricati industriali.
Fino allo sgancio della bomba atomica Nagasaki non era mai stata sottoposta a bombardamenti su larga scala, anche se il 1º agosto 1945 un certo numero di bombe ad alto potenziale era stato sganciato sulla città più precisamente: sui cantieri navali e sulla "Fabbrica d'Acciaio e d'Armi Mitsubishi". Anche se i danni procurati da questo bombardamento furono assai modesti, suscitò comunque la preoccupazione della popolazione, e molti decisero di abbandonare il paese per rifugiarsi in campagna, riducendo in tal modo il numero di abitanti presenti al momento dell'attacco nucleare.
Per ironia della sorte la città di Nagasaki era una delle più ostili al governo militare e al fascismo giapponese, sia per la tradizione socialista ancor viva malgrado le forti persecuzioni degli anni Trenta, sia perché ospitava la più grande e antica comunità cristiana cattolica giapponese, tradizionalmente più ben disposta verso gli stranieri in generale e gli occidentali in particolare. A nord di Nagasaki erano inoltre presenti campi per prigionieri di guerra britannici, impegnati a lavorare nelle miniere a cielo aperto di carbone: alcune fonti parlano di otto prigionieri morti a seguito dello sgancio della bomba nucleare a Nagasaki.

Il bombardamento atomico su
Nagasaki - 09 Agosto 1945

La mattina del 9 agosto 1945 l'equipaggio del Boing B-29 superfortress, il Bombardiere Bockscar designato per la missione, si alzò in volo con a bordo la bomba atomica soprannominata "Fat Man", alla volta di Kokura, l'obiettivo iniziale della missione.
(Il B-29 Bockscar)

Tuttavia le nubi non permisero di individuare esattamente l'obiettivo, e dopo tre passaggi sopra la città, e ormai a corto del carburante necessario per il viaggio di ritorno, l'aereo venne dirottato sull'obiettivo secondario, Nagasaki. Intorno alle 07:50 ora di Tokyo il silenzio sulla città giapponese venne squarciato dall'allarme aereo che durò fino alle 08:30. Alle 10:53 i sistemi radar giapponesi segnalarono la presenza di solo due bombardieri, e il comando giapponese, ritenendo che si trattasse solo di aerei da ricognizione, non lanciò l'allarme.
Poco dopo, alle 11:00, l'osservatore del bombardiere, creduto aereo di ricognizione, sganciò gli strumenti attaccati a tre paracadute: questi strumenti contenevano dei messaggi diretti al professore Ryokichi Sagane, fisico nuclerare dell'Università di Tokyo che aveva studiato all'Università di Berkeley assieme a tre degli scienziati responsabili della bomba atomica, perché informasse la popolazione dell'immane pericolo che stavano per correre. I messaggi vennero ritrovati dalle autorità militari ma non furono consegnati al destinatario.
Alle 11:02, alcuni minuti dopo aver iniziato a sorvolare Nagasaki, il capitano avvistò visivamente, così come era stato ordinato, il nuovo obiettivo, che era ancora una volta nascosto dalle nubi. Dato che non era pensabile tornare indietro e rischiare un ammaraggio dovuto alla mancanza di carburante con un'arma atomica a bordo, il comandante decise, in contrasto con gli ordini, di accendere il radar in modo da individuare l'obiettivo anche attraverso le nubi: così "Fat Man", che conteneva circa 6,4 kg di Plutonio 239, venne sganciata sulla zona industriale della città.
 
("Fat Man")

La bomba esplose a circa 470 m d'altezza vicino a fabbriche d'armi; a quasi 4 Km a nord-ovest da dove previsto: questo "sbaglio" salvò gran parte della città, protetta dalle colline circostanti, dato che la bomba cadde nella Valle di Urakami.
Tuttavia il computo delle vittime rimase drammaticamente elevato. Secondo la maggior parte delle valutazioni, circa 40 000 dei 240 000 residenti a Nagasaki vennero uccisi all'istante, e oltre 55 000 rimasero feriti. Il numero totale degli abitanti uccisi viene comunque valutato intorno alle 80 000 persone, incluse quelle esposte alle radiazioni nei mesi seguenti. Tra le persone presenti a Nagasaki il 9 agosto vi era anche un ristretto numero di sopravvissuti di Hiroshima. 
(La città di Nagasaki dopo l'esplosione della bomba,
in basso i resti della Chiesa Cattolica di Urakami)
(La città di Nagasaki in rovina)

Reazione giapponese al bombardamento
I due bombardamenti nell'arco di così pochi giorni, le centinaia di migliaia di vittime e la potenza annientatrice di quest'arma costrinsero i giapponesi alla resa il 15 agosto 1945. Era la fine della seconda guerra mondiale, il conflitto più violento e sanguinoso della storia dell'umanità. I superstiti del bombardamento vennero chiamati Hibakusha, una parola giapponese che significa letteralmente "persona esposta alla bomba". Superstiti e soccorritori divennero il nucleo del pacifismo giapponese del dopoguerra, e da allora il paese nipponico è diventato paladino dell'abolizione delle armi nucleari in tutto il mondo. Durante il periodo post-bellico, si utilizzò questo termine al posto di "sopravvissuti" per non esaltare la vita, cosa che all'epoca sarebbe stato considerato come una grave mancanza di rispetto nei confronti dei molti morti. Al 31 marzo 2011, 219410 Hibakusha erano ufficialmente riconosciuti come tali dal governo giapponese. 
Museo della Bomba Atomica a Nagasaki oggi
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Hiroo Onoda
Hiroo Onoda
Hiroo Onoda (Kainan 19 Marzo 1922 – Tokyo 16 Gennaio 2014) è stato un militare giapponese, noto perché, dopo quasi 30 anni dalla fine della seconda guerra mondiale nel 1974, venne arrestato perché si rifiutava di credere che la guerra fosse finita.
Onoda era un membro della classe di comando Futamata Bunko della scuola militare di Nakano addestrato come guerrigliero.
Il 26 dicembre 1944 fu inviato nell'isola di Lubang con il compito, insieme con i soldati già ivi presenti, di ostacolare l'avanzata nemica. Aveva ricevuto l'ordine di non arrendersi, a costo della sua stessa vita.
Il 28 febbraio 1945 l'isola subì un attacco nemico che annientò quasi tutte le milizie nipponiche.
Onoda e tre commilitoni, Yuichi Akatsu, Shoichi Shimada e Kozuka Kinshichi, si nascosero tra le montagne.

Akatsu però, nel 1949, dapprima abbandonò il gruppo di soldati e poco dopo decise spontaneamente di arrendersi. I suoi racconti convinsero la diplomazia nipponica a cercare di far arrendere anche i restanti tre soldati che erano rimasti alla macchia, perciò nel 1952 vennero lanciate da un aereo lettere e foto di famiglia per cercare di convincere i soldati fantasma a cessare le ostilità. Tuttavia la notizia della fine del conflitto non venne presa come attendibile dai tre soldati alla macchia e il gruppetto nipponico finì per considerare falsi quei documenti: Onoda e i suoi compagni rimasero quindi sull'isola continuando la missione e combattendo contro gli abitanti dell'isola, nascosti nella giungla. I tre vissero di furti di viveri e vestiti dei cittadini filippini.

Così, Shimada finì per perire nel 1954 e Kozuka nel 1972, a seguito di uno scontro a fuoco.
Onoda rimase quindi da solo e da quel momento furono diversi i tentativi per rintracciarlo: nel 1972 tramite la sorella e degli amici e nel 1973 tramite il padre, che morì poco dopo.
Il 20 febbraio 1974, dopo quattro giorni di ricerche, il giapponese Norio Suzuki ritrovò Onoda. Successivamente Suzuki fece ritorno in Giappone con le foto del militare e convinse l'ufficiale diretto superiore di Onoda, il Magg. Taniguchi, a recarsi sull'isola per convincerlo ad arrendersi. Onoda, risbarcato in Giappone, venne accolto con tutti gli onori dal Governo.

Onoda però emigrò in Brasile come suo fratello Toshirō, a causa delle difficoltà a riambientarsi; nel 1976 si sposò.

Prima di emigrare scrisse un libro circa i suoi anni nella giungla, intitolato Waga Ruban-shima no 30nen sensō in originale e No Surrender: My Thirty-Year War nell'edizione inglese, divenuto un bestseller alla fine del XX secolo.
In un'intervista rilasciata nel 1995 all'Associated Press, Onoda aveva ricordato i trent'anni in cui aveva combattuto, anche dopo il termine della guerra. "Non li considero una perdita di tempo", aveva detto, aggiungendo: "Vorrei che qualcuno potesse mangiare e dormire per me, così da poter lavorare 24 ore al giorno".

Nel 1984 tornò in Giappone e fondò la scuola per bambini Shizen Juku Onoda ("Scuola Naturale Onoda"). Nel 1996 ritornò a Lubang, donando oltre 10.000 dollari a una scuola elementare.
Onoda è morto d'infarto in un ospedale di Tokyo,  il 16 Gennaio 2014. Il portavoce del governo giapponese, Yoshihide Suga, ha espresso il suo cordoglio alla famiglia.
"Quando tornò in Giappone - ha detto - pensai che la guerra era finalmente finita".