Storie Zen...

Il mio cuore brucia come il fuoco

Soyen Shaku, il primo insegnante di zen ad andare in America, disse: “Il mio cuore brucia come il fuoco ma i miei occhi sono freddi come ceneri morte”.

Egli stabilì le seguenti norme, che mise in pratica ogni giorno della vita:
La mattina, prima di vestirti, brucia dell’incenso e medita.
Coricati sempre alla stessa ora.
Nutriti a intervalli regolari.
Mangia con moderazione e mai a sazietà.
Ricevi un ospite con lo stesso atteggiamento che hai quando sei solo.
Da solo, conserva lo stesso atteggiamento che hai nel ricevere ospiti.
Bada a quello che dici, e qualunque cosa tu dica, mettila in pratica.
Quando si presenta un’occasione non lasciartela scappare, ma prima di agire pensaci due volte.
Non rimpiangere il passato. Guarda al futuro.
Abbi l’atteggiamento intrepido di un eroe e il cuore tenero di un bambino.
Non appena vai a letto, dormi come se quello fosse il tuo ultimo sonno.
Non appena ti svegli, lascia subito il letto dietro di te come se avessi gettato via un paio di scarpe vecchie. 
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Un Buddha

A Tokyo, nell’era Meji, vivevano due illustri insegnanti molto diversi tra loro.

L’uno Unsho istruttore a Shingon, osservava scrupolosamente i precetti del Buddha.
Non beveva mai alcolici, e non mangiava mai dopo le undici del mattino.

L’altro insegnante, Tanzan, professore di filosofia all’università imperiale, non osservava nessun precetto. Quando aveva voglia di mangiare mangiava, e quando aveva voglia di dormire durante il giorno dormiva.

Un giorno Unsho fece visita a Tanzan e lo trovò che stava bevendo del vino, che un Buddhista non dovrebbe mai nemmeno assaggiare.

“Salve, fratello” lo salutò Tanzan. “Ne vuoi un bicchiere?”.
“Io non bevo mai!” esclamò Unsho solennemente.
“Chi non beve non è neanche umano” disse Tanzan.
“Vorresti dire che sono inumano solo perché non mi concedo bevande alcoliche!” proruppe Unsho incollerito. “Se non sono umano, che cosa sono?”.

“Un Buddha” rispose Tanzan.
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Non si può rubare la luna


Ryokan, un maestro Zen, viveva nella più assoluta semplicità in una piccola capanna ai piedi di una montagna.

Una sera un ladro entrò nella capanna e fece la scoperta che non c’era niente da rubare.

Ryokan, tornò e lo sorprese. “Forse hai fatto una bel pezzo di strada per venirmi a trovare.” Disse al ladro “ e non devi andartene a mani vuote. Fammi la cortesia, accetta i miei vestiti in regalo.”

Il ladro rimase sbalordito. Prese i vestiti e se la svignò.

Ryokan si sedette, nudo, a contemplare la luna. “povero uomo,” pensò “avrei voluto potergli dare questa bella luna”.
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Grandi onde
All’inizio dell’era Meji viveva un famoso lottatore che si faceva chiamare O-nami, Grande Onda. O-nami era fortissimo e conosceva l’arte della lotta. Quando gareggiava in privato, vinceva persino il suo maestro, ma in pubblico era così timido che riuscivano a batterlo anche i suoi allievi.

O-nami capì che doveva farsi aiutare da un maestro di Zen.

In un piccolo tempio poco lontano soggiornava temporaneamente Haku Ju , un insegnante girovago. O-nami andò a trovarlo e gli spiego il suo guaio.

“Tu ti chiami Grande Onda”, gli disse l’insegnante “perciò stanotte rimani in questo tempio. Immagina di essere quei marosi. Non sei più un lottatore che ha paura. Tu sei quelle ondate enormi che spazzano via tutto davanti a loro, distruggendo qualunque cosa incontrino. Fa così e sarai il più grande lottatore del paese”.

L’insegnante lo lasciò solo. O-nami rimase in meditazione, cercando d’immaginare se stesso come onde. Pensava alle cose più disparate. Poi gradualmente, si soffermava sempre più spesso sulla sensazione delle onde. Man mano che la notte avanzava le onde si facevano più grosse. Spazzarono via i fiori coi loro vasi. Sommersero perfino il Buddha nella sua cappella. Prima dell’alba il tempio non era più che il continuo fluire di un mare immenso.

Al mattino l’insegnante trovò O-nami assorto in meditazione, con un lieve sorriso sul volto.

Gli batté sulla spalla. “Ora niente potrà più turbarti” gli disse, “tu sei quelle onde. Travolgerai tutto ciò che ti trovi davanti”.

Quel giorno stesso O-nami partecipò alle gare di lotta e vinse.
E da allora, nessuno in Giappone riuscì più a batterlo.
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La strada fangosa
 
Una volta Tanzan ed Ekido camminavano insieme per una strada fangosa. Pioveva ancora a dirotto. Dopo una curva, incontrarono una bella ragazza, in kimono e sciarpa di seta, che non poteva attraversare la strada.

“Vieni, ragazza” disse subito Tanzan. Poi la prese in braccio e la portò oltre le pozzanghere.

Ekido non disse nulla finché quella sera non ebbero raggiunto un tempio dove passare la notte.
Allora non poté più trattenersi. “Noi monaci non ci avviciniamo le donne” disse a Tanzan “e meno che meno quelle giovani e carine. E’ pericoloso. Perché l’hai fatto?”.


“Io quella ragazza l’ho lasciata laggiù” disse Tanzan. “Tu la stai ancora portando con te!”.

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