lunedì 2 marzo 2015

Per la Rubrica: Fiabe e Leggende giapponesi

kamishibai

Il kamishibai, o teatro d'immagini, è una forma espressiva tradizionale giapponese di narrazione per immagini che ha avuto origine nei Templi Buddhisti nel Giappone del XII Secolo, dove i monaci, utilizzavano gli Emakimono per narrare ad un pubblico, principalmente analfabeta, delle storie dotate di insegnamenti morali.

Antico Emakimono

Il termine kamishibai deriva dall'unione delle parole “kami“ (carta) e “shibai“ (teatro, drammatizzazione) e si può tradurre come “teatro di carta“. Consiste in un Butai (teatrino in legno) di misure ridotte all'interno del quale un kamishibaiya (narratore) fa scorrere delle immagini disegnate che illustrano una storia in sequenza.




Butai in legno
Il kamishibai si diffuse come teatro di strada tra gli anni '30 e gli anni '50 del secolo scorso, ed ebbe un'enorme popolarità, radicandosi fortemente nel tessuto sociale giapponese.
Superò di gran lunga – in termini di pubblico – altre forme di intrattenimento come il cinema o il teatro.

Kamishibaya con il suo Butai
montato su di una bicicletta

Con il Butai montato sulle biciclette, i Kamishibaiya si spostavano di villaggio in villaggio o tra i vari quartieri delle città e si annunciavano usando uno strumento formato da due battenti in legno, Hyoshigi, al cui suono familiare bambini e ragazzi accorrevano numerosi.






Hyoshigi
Prima dello spettacolo il Kamishibaiya vendeva caramelle e altre leccornie, e da questo traeva il suo sostentamento. Questa attività permise di avere un reddito ad un gran numero di persone, soprattutto nei difficili tempi della grande depressione. Bisogna considerare che oltre al narratore, vi erano coinvolte molte altre persone, dal Kashimoto - una sorta di impresario che si occupava del noleggio delle biciclette e di far circolare le storie per rinnovare il repertorio dei vari Kamishibaiya - ai numerosi disegnatori che dovevano produrre numerose immagini per alimentare la grande richiesta di storie.



Benshi 
Si stima che, nel periodo di maggior diffusione, nella sola Tokyo operassero circa tremila Kamishibaiya, tra i quali figuravano diversi Benshi, i narratori del cinema muto che si ritrovarono senza lavoro con il sopraggiungere del sonoro.





La formula adottata dai Kamishibaiya era quella di terminare lo spettacolo senza però concludere la storia narrata, rimandandone la fine ai successivi episodi. Questo gli avrebbe garantito una nuova affluenza di pubblico curioso di sapere come sarebbero proseguiti gli eventi.
Normalmente la proposta prevede uno spettacolo di circa 50 minuti, con musica di sottofondo, che contempla la narrazione di tre diverse storie, adatte ai bambini a partire dai 5 anni di età. Una storia poteva essere composta anche da trenta episodi, ed in media ogni episodio si componeva di sedici disegni.
Le storie narrate, sono fiabe che hanno dei punti in comune con quelle della tradizione europea, ma allo stesso tempo se ne differenziano per alcuni elementi specifici. Spesso hanno una struttura circolare a cui sembrerebbe mancare un finale, che peraltro non contiene il classico “happy end”, e molte volte non sciolgono neppure gli enigmi incontrati nel corso della storia. Esprimono un concetto di “vuoto” che caratterizza molti aspetti della cultura e dell'arte giapponese. 

Momotaro
Le fiabe di Momotaro e Issun-bōshi sono tra le più popolari in Giappone, al pari delle nostre Cenerentola o Cappuccetto Rosso. Simili nella struttura, simboleggiano il passaggio all'età adulta attraverso i riti di iniziazione. Un tema ricorrente, inoltre, è quello della separazione che, a differenza delle fiabe europee, qui si colloca nel finale. In Kaguya Hime, la bimba trovata nel tronco di bambù
dal tagliabambù, si separerà dalla coppia che l'ha allevata per tornare sulla luna, da dove proveniva.



Le immagini dovevano essere concepite e realizzate considerando le peculiarità del Kamishibai: lo scorrimento delle immagini da sinistra a destra, e quindi valutando gli effetti che si volevano creare, come ad esempio far scorrere molto lentamente un' immagine svelando parzialmente quella successiva, gestendo abilmente i momenti di suspence.

Kamishibaya al lavoro
Inoltre le immagini dovevano essere chiare e leggibili anche da lontano, il che determinava che dovessero essere sintetiche e prive di inutili dettagli. Sul retro solitamente era scritto il testo della storia anche se molti Kamishibaiya procedevano a memoria.
Le storie non erano indirizzate esclusivamente all'infanzia, ma erano per un pubblico di tutte le età.
I generi spaziavano dal comico al drammatico.



Tameharu Nagata
uno dei più vecchi
Kamishibaya viventi
Spesso i protagonisti erano giovani eroi che dovevano misurarsi con una serie di prove o affrontare spaventosi alieni che si muovevano alla conquista del mondo.
Nel Kamishibai apparvero i primi personaggi in costume e con identità segrete, prototipi dei moderni supereroi. In assoluto il più popolare fu Fantaman (Ogon Bat), che sopravvisse al declino del Kamishibai trasmigando nei Manga (fumetti giapponesi) e successivamente alle Anime (abbreviazione di animēshon traslitterazione giapponese della parola Inglese “animazione”).



Il Giappone ha una lunga tradizione di narrazioni per immagini, dagli antichi Emakimono ai moderni Manga, dei quali il Kamishibai si può considerare un antesignano. Scrive infatti nel suo libro “Manga Kamishibai” Eric P. Nash: “Se la maggior parte della cultura pop giapponese […] ha origine dai Manga, il Manga ha le sue radici nel Kamishibai”.

l'autore Sanpei Shirato
Oltretutto vi è un collegamento diretto, considerando che con il declino del Kamishibai diversi Kamishibaiya si dedicarono ai Manga divenendone in breve autori di prestigio, come Sanpei Shirato (autore di Manga quali Kamui e Sanpei Shirato per esempio) e Shigeru Mizuki (autore di Manga quali Showa e Kitaro per esempio).
La parabola del Kamishibai si concluse in coincidenza dell'avvento della televisione, chiamata inizialmente Denki Kamishibai (kamishibai elettrico), il che ci indica quanto il Kamishibai abbia rappresentato un importante fenomeno culturale all'interno della società giapponese.


In Italia abbiamo un degno rappresentante del teatro d'immagini giapponesi, il suo nome è Pino Zema, il quale gira per il paese con il suo Kamishibai contribuendo alla scoperta e diffusione di quest'arte antica.
Il Kamishibaya italiano Pino Zema e il suo Butai

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